Re degli unni dal 434, sottomessi i germani orientali e sgominati i burgundi nel 436, Attila ottenne concessioni da Teodosio II. Unificate le tribù unne dopo l'uccisione del fratello Bleda (445 ca), ne divenne unico capo. Invase la Gallia, ma fu costretto a ritirarsi da Ezio (451). Sceso in Italia (452) distrusse Aquileia e saccheggiò numerose città. In un incontro sul Mincio venne a patti col papa Leone I e si ritirò in Pannonia, dove morì il 16 marzo 453.
Gli unici francobolli in cui compare Attila sono quelli emessi dal Vaticano per ricordare l'incontro con San Leone Magno. Si tratta in tutto di cinque esemplari, dei quali abbiamo pubblicato sopra l'immagine e una breve descrizione.
Così Jordanes, un goto romanizzato che scrisse la storia del suo popolo, descrive l’unno Attila:
Successo nel regno degli Unni con il fratello Bleda, per realizzare i suoi piani cercò di accrescere le proprie forze con il ricorso al parricidio massacrando tutti i suoi sì da non avere concorrenti. Con tale dispregio della giustizia accrebbe invero la sua potenza con mezzi abominevoli dando sfogo all’innata crudeltà. Con l’inganno fece così morire il fratello Bleda, che regnava su una grande parte degli Unni; ne soggiogò i sudditi assoggettando un gran numero di nazioni; aspirava a fare lo stesso anche con i popoli che primeggiavano, Romani e Visigoti. […] Quest’uomo era venuto al mondo per scuotere la sua stirpe e mettere sottosopra tutta la Terra. Seminava dappertutto terrore, quasi come per una fatalità: racconti spaventosi si facevano su di lui.
Era fiero nel suo incedere, movendo l’occhio da ogni parte intorno; un minimo movimento impresso al corpo faceva rilevare la forza interna. Pur amando la guerra sapeva all’occorrenza dominarsi, largo anche in assennati consigli, prono alle preghiere, benevolo verso coloro ai quali accordasse la sua confidenza. Era piccolo di statura, aveva petto largo, testa grossa con piccoli occhi, barba rada, capelli bianchi, naso camuso, pelle scura: erano questi i tratti caratteristici della sua razza.
La grande fiducia che aveva nelle sue possibilità si accrebbe ulteriormente quando si ritrovò la spada di Marte, oggetto di venerazione sacra tra i re degli Sciti. Il racconto sul ritrovamento si legge nello storico Prisco: una giovenca zoppicante per una ferita fu vista nella mandria da un pastore il quale, per scoprirne la causa, seguì le tracce di sangue arrivando fino alla spada contro la quale la giovenca, mentre pascolava, si era ferita senza vederla; estrattala dal terreno, la portò subito da Attila e questi, orgoglioso del dono, giudicò, con grandezza d’animo, di essere stato da essa riconosciuto signore di tutto il mondo e di potere, grazie alla spada di Marte, vincere ogni guerra (Jordanes, Storia dei Goti, 35).
Se volete approfondire la vita del Flagello di Dio, il personaggio che ancora oggi è considerato in Europa Occidentale fra i più malvagi della storia, potete farlo sfogliando il 4° volume de La Storia – Dall’Impero Romano a Carlo Magno nella biblioteca dell’Antica Frontiera.