Il 18 novembre 1916 il comandante della British Expeditionary Force Douglas Haig pose fine alla battaglia iniziata il 1º luglio dello stesso anno. Con 620 000 perdite tra gli Alleati e circa 450 000 tra le file tedesche, la Somme si dimostrò una delle più grandi e sanguinose battaglie della prima guerra mondiale.
Ogni giorno i britannici persero 2.943 uomini. Con un semplice calcolo si capisce meglio l'entità della tragedia: dividendo il numero di vittime per il numero di centimetri conquistati si ottiene circa 1,5, ovvero 150 soldati per conquistare un metro di terreno; in pratica per conquistare meno di un centimetro di terreno era necessaria la morte di un soldato.
La Gran Bretagna ha voluto ricordare questo spaventoso massacro nel 2006, in occasione del 90° anniversario, con l'emissione di un foglietto commemorativo. L'esemplare filatelico comprende un blocco di quattro ordinari da 72 pence con i simboli regionali di Inghilterra, Irlanda del Nord, Scozia e Galles e un francobollo di prima classe che mostra sette papaveri selvatici con gambi di filo spinato. Sul foglietto campeggia la scritta "lest we forget" (per non dimenticare).
Lo scenario
La guerra sul fronte occidentale, sfumate le speranze tedesche di chiudere l’offensiva nel volgere di sei settimane, già dopo la battaglia della Marna del settembre 1914 si è trasformata in una guerra statica, di logoramento, con una linea ininterrotta di trincee, dalla Manica fino alla Svizzera. Non ci sono molte idee su come riuscire a superare l’impasseimposta da reticolati, mitragliatrici, fucili a ripetizione e linee di difesa che danno al difensore un vantaggio straordinario.
I comandanti non trovano di meglio che affidarsi allo “spirito offensivo” e spingono ad immolarsi decine di migliaia di soldati in attacchi mal preparati e peggio condotti.
Le due grandi offensive alleate del 1915, a maggio sull’Artois e a settembre nella Champagne sono sanguinose quanto inconcludenti. Nel 1916 l’iniziativa torna ai Tedeschi, che il 21 febbraio 1916 scatenano l’offensiva a Verdun, il fulcro della difesa francese, con l’obiettivo dichiarato di dissanguare il nemico in una battaglia di attrito. Il “tritacarne” di Verdun non produsse i risultati voluti dal suo ideatore, il generale von Falkenhayn, anche se le perdite inflitte dai Tedeschi furono ben più elevate di quelle subite, ma mise in crisi lo schieramento franco-britannico, costringendo i due eserciti a ritardare la “loro” offensiva, quella della Somme.
Abbiamo scelto quest’ultima per esemplificare le battaglie dei primi anni della prima guerra mondiale perché, considerando la sua durata (quasi quattro mesi), è tra le più sanguinose: rappresentò la fine dell’esercito volontario britannico, portò agli ammutinamenti del 1917 e vide il prematuro ingresso in scena del carro armato, l’arma che, utilizzata nel modo corretto, avrebbe permesso di superare lo stallo della guerra di trincea.
Le forze in campo
L’esercito britannico avrebbe compiuto lo sforzo principale nel corso dell’offensiva della Somme, utilizzando due armate, la Quarta e la Terza, con 13 divisioni a nord del fiume Somme. Saranno però più di 50 le divisioni britanniche e dei dominions che prenderanno parte alle varie fasi della battaglia.
L’esercito francese era invece ancora impegnato massicciamente a Verdun e poté svolgere un ruolo molto minore rispetto a quello inizialmente previsto, che richiedeva l’impiego di 40 (poi 20) divisioni a sud del fiume Somme, assumendo la responsabilità di un fronte ristretto. Alla fine soltanto una dozzina di divisioni sarebbe stata impegnata su un fronte di 13 chilometri, delle quali 5 disponibili il l luglio. La massima cura fu dedicata alla concentrazione di una poderosa forza di artiglieria, dalla quale dipendeva in realtà la possibilità di penetrare nel dispositivo difensivo nemico. Il BEF, il corpo di spedizione britannico, accumulò 2.960.000 proiettili d’artiglieria per i 1.000 cannoni campali, i 180 cannoni pesanti e i 245 obici pesanti concentrati in vista dell’offensiva. Questa doveva essere preceduta da un bombardamento di preparazione di una settimana e poi accompagnata da un fuoco di sbarramento mobile, che doveva precedere di poco le truppe avanzanti, e proseguire fino … alla massima gittata raggiungibile. Le cose, però, sarebbero andate diversamente, nonostante fosse stata raggiunta la ragguardevole densità di un cannone campale ogni 20 metri di fronte e di un pezzo pesante ogni 58 metri.
Da parte tedesca il settore era inizialmente difeso da una mezza dozzina di divisioni della Seconda Armata, che schieravano 60 battaglioni, dei quali 40 presenti in prima linea, ma nel corso della battaglia i comandi tedeschi si sarebbero trovati costretti a far affluire consistenti rinforzi, prelevandoli ovunque possibile. Alla fine dell’offensiva la Germania aveva impiegato 48 divisioni e 2 brigate indipendenti per resistere alla pressione alleata, in particolare i rinforzi erano giunti in quantità e qualità dopo che Hindenburg aveva dichiarato, in settembre, che il settore aveva priorità assoluta sull’assegnazione di nuovi reparti.
La battaglia
Nell’idea del generale Haig, l’offensiva nel settore della Somme avrebbe dovuto portare ad una penetrazione in profondità, scardinando lo schieramento tedesco grazie ad un’operazione congiunta anglo-francese, proprio dove i settori tenuti dei due eserciti si congiungevano. Il generale Joffre invece riteneva che si sarebbe ottenuta sì una vittoria, ma solo attraverso l’attrito.
Il terreno non era favorevole, perché in molti punti i Tedeschi occupavano posizioni dominanti, che avevano avuto tutto il tempo di fortificare e dotare di capisaldi e di formidabili ricoveri sotterranei, specie dopo che i preparativi anglo-francesi erano diventati evidenti. Le tre linee difensive successive erano ben spaziate e supportate dall’artiglieria.
L’attacco doveva essere preceduto dal fuoco dell’artiglieria, che doveva distruggere le fortificazioni, abbattere e tagliare le barriere di filo spinato, eliminare buona parte dei difensori della prima linea e neutralizzare le batterie nemiche.
Il bombardamento iniziò il 24 giugno e solo i pezzi inglesi spararono 1,5 milioni di colpi fino al 1 luglio, per 12.000 tonnellate. Può sembrare una quantità immensa, ma in realtà era insufficiente (per non parlare del tipo di proietti, molti dei quali a frammentazione antipersonale e non ad alto esplosivo) rispetto agli effetti desiderati. Le prime linee tedesche furono sconvolte, ma i soldati erano sopravvissuti nei loro ricoveri e con le loro armi. Anche il fuoco di sbarramento non funzionò affatto come previsto. La fanteria inglese attaccò con un coraggio incredibile e in formazioni compatte, in linea, con i battaglioni ripartiti in quattro o otto ondate, separate di non più di 100 metri l’una dall’altra, che dovevano percorrere da 2 a 3 km su un fronte di 24 km. Fu un massacro. Alla fine della prima giornata le forze britanniche avevano perduto 60.000 uomini, dei quali 21.000 uccisi, la maggior parte dei quali nella prima ora.
I Francesi attaccarono in modo meno avventato, utilizzando innanzitutto meglio l’artiglieria, che tra l’altro contava molti più grossi calibri, 900, su un fronte più stretto e lanciando la fanteria in piccoli gruppi, che avanzavano coprendosi a vicenda, con una combinazione di fuoco e movimento. Le perdite furono così inferiori, e gli obiettivi assegnati per il primo giorno furono raggiunti, con la cattura di 6.000 prigionieri, contro i 2.000 presi dai Britannici. Quanto ai Tedeschi, su 35.000 soldati presenti il 1 luglio nelle trincee, oltre a quelli fatti prigionieri, circa 6.000 erano morti o feriti alla fine della giornata: perdite elevate, ma sostenibili. Da quel momento sui due lati del fronte ci fu una corsa a rinforzare le proprie truppe, con i Tedeschi che attuarono inizialmente una difesa rigida, con sterili e spesso sanguinosi contrattacchi e gli Anglo-Francesi che lanciavano un assalto dopo l’altro. Alla fine dei mese i Tedeschi avevano perduto 160.000 soldati, gli Anglo-Francesi più di 200.000 e la linea del fronte si era spostata sì e no di 5 km. La battaglia proseguirà ancora per tutto agosto, settembre ed ottobre. I Tedeschi passano finalmente ad una difesa in profondità non più rigidamente ancorata alle trincee e gli Inglesi metabolizzano le lezioni subite e già da metà luglio abbandonando i sogni di grandi sfondamenti e accettano la battaglia d’attrito. Poi, con novembre, le condizioni meteo peggiorano, piove a dirotto, il campo di battaglia si trasforma in un pantano e la battaglia perde d’intensità fino a concludersi, dopo 142 giorni.
I protagonisti
La Somme ebbe diversi protagonisti: innanzitutto, i comandanti contrapposti. Da parte britannica Douglas Haig, da parte francese Joffre, da quella tedesca Erich von Falkenhayn fino ad agosto, rimpiazzato da Hindenburg proprio a seguito del mancato successo di Verdun. L’attacco della Somme era in realtà il frutto della pianificazione di Haig, che aveva grandi aspettative per questa offensiva che si doveva sviluppare in un settore fino ad allora relativamente tranquillo.
Haig, carrierista accorto, fu capace di accelerare il ritiro dalle scene del generale John French suo predecessore alla guida del BEF, la forza di spedizione britannica. Haig era un duro, apparentemente non toccato dai catastrofici bollettini delle perdite, il fondamentalista religioso che pensava che ogni sacrificio fosse giustificato per realizzare il disegno che sentiva essergli stato affidato. Soldato abile e efficiente, era molto diverso dall’imperturbabile collega francese, Joffre, o da von Falkenhayn, il pupillo del Kaiser discendente dai cavalieri teutonici, glaciale e insensibile, sollevato dal comando e spedito in Romania dopo Verdun e sostituito da Hindenburg, l’abile vincitore delle battaglie sul fronte orientale. Ma i veri protagonisti della Somme furono i soldati volontari britannici, l’esercito dei volontari, degli “amici”, che avevano risposto agli appelli di Lord Kitchener e si erano arruolati in massa, contemporaneamente, ed erano inquadrati in reparti con un fortissimo radicamento in una specifica regione o città, Questi eccezionali soldati si sarebbero sacrificati invano e spesso in modo insensato.
Le operazioni aeree
A Verdun i Francesi avevano concepito il concetto di superiorità aerea locale, impedendo al nemico di utilizzare i propri aerei ricognitori e da osservazione, compiendo pattugliamenti offensivi con formazioni da caccia al di là delle proprie linee. La stessa cosa fu fatta dai Britannici in occasione della Somme e per le prime settimane l’aviazione tedesca fu spazzata dai cieli nell’area della battaglia. La Gran Bretagna sfruttò massicciamente le sue forze aeree anche per condurre attacchi contro linee ferroviarie, aeroporti, depositi di munizioni con considerevoli risultati anche sul morale del nemico ma subendo perdite elevate. Furono 185 gli aerei utilizzati in questo ruolo. Complessivamente il Royal Flying Corps aveva 426 piloti disponibili allo scoppio dell’offensiva: 576 furono uccisi, feriti o risultarono dispersi dopo i pochi mesi della battaglia. Grazie ai rimpiazzi, nell’autunno ce n’erano in servizio 585. I piloti inglesi affermarono di aver distrutto/abbattuto 164 aerei nemici. Furono compiuti 298 attacchi aerei, sganciando 292 tonnellate di bombe, mentre i ricognitori e i velivoli da osservazione scattarono 19.000 foto e identificarono 8.600 bersagli.
La prima volta del carro armato
Dopo le prime settimane di offensiva, il generale Haig era alla disperata ricerca di qualcosa, qualunque cosa che gli consentisse di superare la situazione nella quale si era cacciato. È comprensibile quindi perché si sia presto “innamorato” dei pregi promessi dalla nuova e rivoluzionaria arma, il carro armato, sviluppato in tutta segretezza in Gran Bretagna. Haig insistette per impiegare il tank (letteralmente, serbatoio) – questo era il nome convenzionale scelto per confondere eventuali spie nemiche – non appena possibile, rigettando le preoccupazioni di chi lo avvisava che il mezzo non era ancora pienamente sperimentato e che era inopportuno rivelare il segreto senza poter pienamente sfruttare l’effetto-sorpresa, dato che i mezzi a disposizione erano pochi. Haig non diede neanche retta ai responsabili del progetto, che suggerivano di impiegare in massa i carri armati, per ottenere il massimo shock e creare una breccia abbastanza ampia nel dispositivo nemico, attraverso l’immediato impiego di truppe fresche. Niente da fare, il comandante decise che i 49 carri disponibili (solo 60 erano giunti in Francia dei primi 150 costruiti) appartenenti alle compagnie C e D della Heavy Section, Machine Gun Corps (l’antesignano del Tank Corps), sarebbero stati distribuiti in piccoli gruppi lungo l’intero fronte: il XIV ed il XV Corpo ne ebbero 17 ciascuno, il III Corpo 8 e i rimanenti 7 all’Armata di Riserva. Nelle intenzioni i carri armati dovevano aprire varchi nei reticolati, identificare e neutralizzare i capisaldi della difesa nemica e quindi fornire supporto di fuoco alla fanteria.
I carri erano giunti al fronte per via ferroviaria il 13 settembre e nella notte tra il 14 ed il 15 erano stati portati alle loro posizioni di partenza, dalle quali dovevano avanzare, all’alba del 15, verso le linee tedesche precedendo la fanteria. Soltanto 32 carri riuscirono a muoversi per sostenere l’attacco principale, gli altri si erano già impantanati o erano in avaria. Solo 9 carri riuscirono ad andare all’attacco, con la fanteria, 9 arrivarono al seguito della fanteria, contribuendo al rastrellamento, 9 furono fermati da guasti e 5 si “incagliarono” nei crateri creati dai proiettili d’artiglieria.
La reazione iniziale dei soldati tedeschi dinanzi all’avanzata dei pochi Mark I, su un fronte di 8 km, fu di sorpresa, in qualche caso di terrore; in molti si arresero, ma presto iniziarono a reagire e a sparare con tutte le armi disponibili contro i mostri corazzati che procedevano lentamente, su terreno spesso troppo accidentato, con poca o nessuna coordinazione con la propria fanteria ed artiglieria. Diversi carri furono centrati e messi fuori combattimento, ma in altri casi, in particolare a Flers, dove si riuscì a ottenere una “concentrazione” di ben 3 carri, i Mk I abbatterono i reticolati, superarono le trincee ed eliminarono uno dopo l’altro nidi di mitragliatrici, ripulendo le trincee e affrontando in duello i cannoni campali, per poi penetrare nel centro abitato. I carri armati tornarono in azione il giorno seguente, ottenendo discreto successo. Non fu una grande prova, ma nemmeno un disastro e i diversi successi locali ottenuti convinsero Haig a dare fiducia al nuovo mezzo e a chiedere che fosse prodotto in massa. Ma bisognerà attendere il 1918 e la battaglia di Cambrai per veder impiegati i carri armati nel modo corretto e su un terreno propizio.
Il “diavolo” della Somme
L’Heavy Tank Mk I che la Gran Bretagna portò al debutto nella battaglia della Somme, e che i soldati tedeschi considerarono inizialmente una macchina demoniaca, era un grosso mezzo cingolato pesante 28 tonnellate, con un equipaggio di 8 uomini e una corazzatura formata da piastre imbullonate da 6-12 mm di spessore. Il motore a benzina Daimler da 105 cavalli consentiva una velocità massima di 6,5 km/h mentre il raggio d’azione era di poco meno di 40 km. Ne esistevano due versioni, i carri erano chiamati “maschi” e “femmine” a seconda dell’armamento: nel primo caso si trattava di due cannoni navali da 6 libbre montati in ampie casematte a sbalzo laterali, nel secondo caso i cannoni erano sostituiti da 2 coppie di mitragliatrici. Il carro armato era goffo, lento e meccanicamente poco affidabile, almeno nelle versioni iniziali. I primi carri di questo tipo erano anche appesantiti da una specie di “coda” con due ampie ruote, che in teoria dovevano consentire di ridurre il raggio di sterzata, ma che di fatto servivano a poco e, anzi, affondavano fino al mozzo nel fango. La “coda” fu eliminata già a novembre del 1916.
Le perdite e le conseguenze
La Somme portò a Francia e Gran Bretagna poco più di un fazzoletto di terreno, largo oltre 30 chilometri e profondo poco meno di 10 chilometri, senza un particolare valore strategico, che non giustificò certo la violenza dei combattimenti e le terrificanti perdite subite. Gli obiettivi definiti alla vigilia non furono raggiunti. L’esercito inglese perse circa 420.000 soldati, quello francese 200.000, contro quasi 450.000 Tedeschi, anche se sulle perdite tedesche non ci sono cifre davvero attendibili. L’esito della guerra non ne fu influenzato, anche se tutti i contendenti ne trassero importanti lezioni: Francia e Gran Bretagna su come attaccare, la Germania su come difendersi economizzando risorse e personale.
Se volete approfondire quella che fu senza dubbio una della più grandi e sanguinose battaglie della Prima guerra mondiale potete farlo sfogliando il 26° volume de La Storia – Le grandi battaglie: armi tattiche e strategie militari nella biblioteca dell’Antica Frontiera.