Il generale corso e la vedova del generale di Beauharnais si sposarono con rito non religioso il 9 marzo 1796. L'Ufficiale di Stato Civile attribuì al marito 28 anni invece di 26 e alla moglie 29 invece di 32. Testimoni Barras, Lemarrois, Tallien e Calmelet. Nessun accenno al consenso dei genitori degli sposi, che non vennero neppure consultati. Il contratto matrimoniale era stato redatto il giorno prima alla sola presenza di Lemarrois, aiutante di campo del generale: nessuna comunità di beni, sotto qualsiasi forma ed in qualsiasi maniera; assoluta separazione di beni; ogni autorizzazione possibile concessa in anticipo dal futuro sposo alla futura sposa; la tutela dei figli di primo letto affidata esclusivamente alla madre; assegno di millecinquecento lire di rendita alla donna, se fosse rimasta vedova e, in tal caso, libero possesso da parte sua di tutto quanto ella avrebbe dimostrato appartenerle. Due giorni dopo il giovane generale Bonaparte partì per andare a raggiungere la sua Armata d'Italia.
Fra i numerosi francobolli riguardanti Napoleone ve ne è soltanto uno che lo ritrae all'epoca del suo primo matrimonio mentre passeggia con Giuseppina. Si tratta di un esemplare emesso dall'emirato arabo di Ajman nel 1973, appartenente a una serie di 16 valori dedicati a personalità illustri.
Le scrive:
Mi sveglio pieno di te. Il tuo ritratto e la serata inebriante di ieri non hanno dato tregua ai miei sensi: dolce e incomparabile Giuseppina, quale strano effetto fate sul mio cuore! Se siete contrariata, se vi vedo triste o inquieta, la mia anima è affranta dal dolore e non c’è più riposo per il vostro amico. Ma ne trovo forse di più, quando, abbandonandomi al sentimento profondo che mi domina, io attingo dalle vostre labbra e dal vostro cuore una fiamma che mi brucia? Ah! Questa notte mi sono accorto che il vostro ritratto non vi assomiglia. Parti a mezzogiorno, ti vedrò fra tre ore. Nell’attesa, mio dolce amore, un milione di baci, ma tu non mandarmene, poiché mi bruciano il sangue!
Ripensa in continuazione a quel corpo, a quella donna. Vuole tenerla imprigionata fra le sue braccia, come per trattenere non solo lei, ma anche tutto ciò che lei rappresenta, il suo passato, le sue amicizie, forse il suo patrimonio, il suo posto in quella società parigina di cui sa bene di aver raggiunto solo la soglia. Con lei al suo braccio apparterrà definitivamente a quel mondo in cui è entrato durante una notte di guerra civile, sotto il diluvio del 13 vendemmiaio. Tramite questa donna vuole proclamare al mondo la sua vittoria, il rango che ha conquistato. Vuole averla accanto tutte le notti, ogni volta che avrà desiderio di lei, perché lei sarà la sua sposa.
Ma Giuseppina sfugge. Mentre l’attende nell’anticamera di un notaio, Monsieur Raguideau, da cui è voluta andare, Napoleone si avvicina alla porta socchiusa. Ode il notaio borbottare: – E che? Sposare un generale provvisto solo di cappa e spada, fareste davvero un bell’affare! – Che possiede, questo Bonaparte? Una bicocca? Neppure quella! Chi è? Un piccolo generale della guerra civile, senza avvenire, al di sotto di tutti i grandi generali della Repubblica! Tanto varrebbe sposare un fornitore dell’esercito!
Napoleone si domina. Vorrebbe irrompere nell’ufficio del notaio, ma si allontana, avvicinandosi a una finestra. Avrà quella donna. Lui la conosce. Sa cosa gli provoca: quel bruciore nel sangue. Conosce il suo corpo. È il primo corpo di donna che tiene così nelle sue mani, che può accarezzare, amare a modo suo. È la prima donna che lo tocca in quella maniera. Senza ritegno, con quella dolcezza e audacia, quella maestria che lo saziano, lo esaltano, fanno rinascere il suo desiderio nel momento stesso in cui lo crede appagato.
E dovrebbe rinunciarvi!
La vede ogni giorno. Scopre che lo spazio di una giornata può contenere, oltre ai compiti militari, anche un incontro con lei, l’amore con lei, pensieri per lei, lettere per lei.
Nel frattempo vede Barras, Carnot, La Révellière-Lépeaux, uno dei cinque membri del Direttorio esecutivo.
Il desiderio di lei, anziché esaurire le sue energie, gli dà una forza nuova.
Il 7 febbraio 1796 sono pronte le pubblicazioni di matrimonio, e nei giorni seguenti il Direttorio si decide ad affidargli il comando dell’Armata d’Italia.
– È la dote di Barras – mormorano gli invidiosi.
Zittisce Luigi e Junot, indignati per quei pettegolezzi.
Deve spiegare che è stato nominato comandante in capo dell’Armata d’Italia perché i generali Schérer, Augereau, Sérurier, Masséna e alcuni altri non stanno riportando vittorie decisive, e perché il Direttorio esige successi e bottino per riempire le casse vuote, ed è a Napoleone che assegnano l’incarico di vincere per riempirle.
Il 23 febbraio il decreto di nomina a capo dell’Armata d’Italia è pronto. Il 25 il Direttorio nomina il generale Hetry comandante dell’Armata dell’Interno.
Sono giorni febbrili. Napoleone impartisce le disposizioni per il passaggio delle consegne, nomina degli aiutanti di campo, prepara i piani per la sua campagna.
La sera dispiega le sue carte nel salottino di Giuseppina, nella residenza privata di rue Chantereine. Il cane Fortuné, un nastro attorno al collo, saltella e abbaia quando Napoleone abbraccia Giuseppina e la sospinge fino al letto, imperioso e appassionato.
A volte la sente lontana, semplicemente sottomessa. E questo lo preoccupa. Tra pochi giorni sarà sua moglie. La stringe con impeto. Riesce a immaginare la sua passione? Lei sorride, le labbra chiuse.
L’avvinghia a sé. Sarà sua moglie.
Occorre un contratto di nozze. Giuseppina dichiara quattro anni di meno. Napoleone lo sa. Lui s’invecchia di diciotto mesi. Che importano i dettagli. Vuole questo matrimonio.
Quando Monsieur Raguideau legge che il futuro sposo “dichiara di non possedere alcun immobile né alcun bene mobile oltre al suo guardaroba e alla sua dotazione di guerra”, Napoleone si alza, rilegge la frase, chiede che venga depennata. È prevista la separazione dei beni tra i coniugi. Giuseppina, in caso di decesso di Napoleone, riceverà 1500 franchi. Conserva la tutela dei suoi figli, Ortensia ed Eugenio. L’atto reca la lista del suo corredo: quattro dozzine di camicie, sei sottogonne, dodici paia di calze di seta … Napoleone apparentemente non presta attenzione, ma si irrigidisce quando si menzionano, tra i beni di Giuseppina, due cavalli neri e una carrozza.
È stato Barras a farle consegnare questo equipaggiamento dalle scuderie nazionali, in risarcimento dei beni perduti dal generale Beauharnais sotto il Terrore.
Il 9 marzo 1796 (19 ventoso anno IV), giorno delle nozze, fissate per le nove di sera presso il municipio in rue d’Antin, Napoleone ha chiamato a raccolta gli aiutanti di campo. Assegna a ciascuno il suo compito. La nomina a capo dell’Armata d’Italia è stata resa ufficiale il 2 marzo. La partenza per Nizza, sede del quartier generale, è fissata per 1’11 marzo. Bisogna che gli aiutanti di campo preparino le tappe, l’alloggiamento di Napoleone, convochino i generali.
D’un tratto Napoleone solleva la testa e trasale. Sono le nove passate. Al municipio Barras, Tallien e Giuseppina si staranno spazientendo.
Seguito da uno dei suoi ufficiali, Le Marois, Napoleone si precipita. Ha già regalato a Giuseppina un piccolo anello di zaffiro come fede nuziale. All’interno sono incise le parole: “Al Destino”.
Sono le dieci quando arriva al municipio. Incespica sugli scalini correndo.
Sono tutti là ad aspettarlo. Il sindaco Le Clerq sonnecchia alla luce delle candele.
Napoleone lo scuote. Ha inizio la cerimonia, che è breve. Giuseppina mormora il suo consenso. Sì, esclama Napoleone a voce alta.
Poi conduce via Giuseppina.
È sua per due notti. L’11 marzo, in compagnia del fratello Luigi, di Junot e dell’organizzatore Chauvet, Napoleone parte per il quartier generale dell’Armata d’Italia.
Giuseppina è ferma sulla scalinata. Le fa un cenno.
“È mia. Come lo sarà l’Italia.”
Questo brano è tratto dal libro Napoléon – La voce del destino, il primo dei quattro volumi che Max Gallo ha dedicato alla vita di Napoleone Bonaparte. Se volete rimanere sorpresi dal lato romantico del grande condottiero potete trovare tutto quello che cercate nella biblioteca dell’Antica Frontiera.