Serse oltrepassa senza incontrare resistenza le fertili pianure della Tessaglia tra la fine di luglio e i primi di agosto del 480 a.C. A sbarrargli il passo verso la Beozia, l’Attica e la Focide è un esiguo contingente di quattromila opliti peloponnesiaci che, sotto il comando del re spartano Leonida e affiancato dalle forze di diverse città greche alleate, si trova attestato presso la località della Tespide chiamata Thermopylai (letteralmente “le porte calde”), in ragione di una sorgente termale ancor oggi esistente.
Accesso obbligato alla Grecia centro-meridionale, il passo è all’epoca costituito da una stretta lingua di terra posta tra la riva paludosa del mare e gli aspri rilievi dell’Eta. La strada d’accesso, di per sé angusta, è ulteriormente strozzata da una muraglia e consente il passaggio di un solo carro per volta e può quindi essere agevolmente difesa da un ridotto numero di opliti. La flotta alleata opera intanto con i confederati in copertura poco più a nord, fronteggiando l’arrivo della flotta nemica e bloccando strategicamente il braccio di mare prospiciente il Capo Artemisio, tra la punta settentrionale dell’Eubea e la costa del continente.
Alle Termopili, Serse invita invano i Greci a ritirarsi; in un celebre passo delle sue Storie(VII, 226) Erodoto narra di un dialogo avvenuto tra lo spartiate Dienece, dimostratosi poi uno dei più valorosi sul campo, e un informatore giunto al campo greco; alla considerazione di quest’ultimo secondo cui i nemici sono tanto numerosi che al momento dell’attacco le loro frecce avrebbero oscurato il cielo, lo spartiate risponde sprezzantemente che questo avrebbe portato loro il vantaggio di combattere all’ombra!
Gli assalti, prima dei Medi e poi dei Persiani, vengono respinti per alcuni giorni e il reparto dei diecimila “immortali”, élite della compagine persiana, viene costretto alla ritirata con forti perdite, ma, successivamente, le indicazioni di un traditore, Efialte di Trachis, permettono l’aggiramento del passo principale per un sentiero montano.
Quando la notizia dell’inganno giunge al campo dei Greci, il panico si diffonde tra le truppe alleate; vista la gravità della situazione Leonida congeda per tempo il grosso delle truppe, trattenendo con sé solo trecento spartiati, assistiti dai propri attendenti e sussidiari.
Prima che la tenaglia persiana si chiuda, Leonida passa il muro e attacca in campo aperto il grosso dell’esercito avversario per fare maggior strage possibile di nemici. Molti di questi annegano in mare e altri vengono calpestati dai loro stessi commilitoni in rotta; anche due fratelli di Serse perdono la vita, ma alla fine lo stesso Leonida cade sul campo.
Decimati e ormai soli, gli Spartani superstiti si ritirano allora nella parte più stretta del passo, sulla cima di una collinetta, dove resistono eroicamente fino all’ultimo uomo.
Oggi si calcola realisticamente che i Greci caduti alle Termopili, tra opliti e truppe di supporto, siano stati circa quattromila, mentre le perdite persiane ammonterebbero a non meno di ventimila!
Serse, furente per le perdite e l’umiliazione, incurante del rispetto persiano verso il vinto, fa decapitare e crocifiggere il cadavere di Leonida.
Alla fine della guerra, sul luogo della battaglia, sarà eretto un cippo con queste parole: “Quattromila uomini del Peloponneso combatterono qui contro tre milioni di nemici, e al visitatore rivolgeranno questo commovente invito: «Viandante, vai a Sparta e annuncia che qui noi siamo morti in obbedienza alle sue sacre Leggi»”.
Se volete approfondire la battaglia delle Termopili e le guerre persiane potete farlo sfogliando il libro I Greci – Gli atlanti del sapere prelevandolo dalla biblioteca dell’Antica Frontiera.