Napoleone prima della battaglia di Austerlitz. Dipinto di Louis-François Lejeune.
Detta anche dei tre imperatori, in quanto furono presenti sul campo Napoleone Bonaparte, imperatore dei francesi, lo zar Alessandro I di Russia e l'imperatore d'Austria nonché imperatore del Sacro Romano Impero Francesco II, l'ultima e decisiva battaglia svoltasi durante la guerra della terza coalizione fu combattuta il 2 dicembre 1805 nei pressi della cittadina di Austerlitz (l'attuale comune di Slavkov u Brna nella Repubblica Ceca, nelle vicinanze di Brno).
Le truppe francesi di Napoleone Bonaparte inflissero una sconfitta schiacciante agli eserciti russo e austriaco che porterà, nel 1806, allo scioglimento del Sacro Romano Impero.
Per commemorare quello che fu senz'altro il più grande successo conseguito da Napoleone nella sua carriera militare abbiamo scelto l'emissione concordata da Francia e Repubblica Ceca nel 2005 in occasione del bicentenario della battaglia.
I soldati francesi, esausti ma felici, iniziarono a radunare molti russi e austriaci. Fino a quel momento erano stati presi pochissimi prigionieri. Il generale Thiébault riferì che ‘fino all’ultima ora della battaglia non prendemmo alcun prigioniero, in quanto non potevamo correre rischi; non potevamo fidarci di nulla, e quindi non lasciammo dietro a noi nessun nemico vivo.’ Anche il III Corpo aveva ricevuto gli stessi ordini. La frase che Davout disse ai suoi uomini era semplicemente ‘Non lasciate scappare nessuno’. Ma ora che il sole tramontava e che iniziava a nevicare era possibile esercitare maggiore pietà. Alle 4 e 30 erano cessati anche gli ultimi spari. Napoleone scese lentamente verso la pianura accompagnato da Berthier, Soult e Bessières. La sua comparsa veniva salutata con esclamazioni di ‘Vive l’Empereur!’. Si era appena consumata una vittoria immensa, che confermava il valore dell’esercito francese – forse il migliore che Napoleone abbia mai avuto a disposizione – e il genio militare del suo capo. Ma le perdite erano state pesanti: oltre 9.000 vittime francesi (il 12 percento) erano sul terreno gelido morte, agonizzanti o ferite. Come avrebbe commentato il duca di Wellington dopo Waterloo, ‘Solo una battaglia persa è più terribile di una battaglia vinta’.
Come ci si può immaginare, le condizioni dell’esercito alleato, entrato in battaglia con grande sicurezza quella stessa mattina, erano ben peggiori. Le colonne caotiche e stremate che si ritiravano lasciavano dietro a loro 27.000 compagni (il 32 percento), forse 12.000 di questi prigionieri, oltre a 180 pezzi di artiglieria. L’ala di Bagration radunata a Raussnitz era in condizioni migliori; quando il comandante fu informato che gli Alleati si ritiravano in Ungheria, si mise in cammino verso Austerlitz. I resti della cavalleria di Lichtenstein e la Guardia imperiale russa, con la mobilia e i bagagli imperiali, bloccarono la cittadina e i dintorni. Di conseguenza Kutusov, Kaminsky e Kollowrath, seguiti da Buxhöwden (quest’ultimo con meno di 2.000 soldati, cioè il 6 percento della sua formazione originale), dovettero condurre i loro uomini abbattuti e stanchi morti oltre Austerlitz verso est. Il villaggio di Czitsch fu designato come punto di raduno dell’esercito. Lo zar si era separato non solo dall’esercito ma anche dal suo Stato maggiore; accompagnato solo da un medico e, più tardi, dal maggiore Toll, alla fine trovò rifugio nel villaggio di Urchitz, a sette miglia dal campo di battaglia.
Non vi fu un inseguimento. I vittoriosi erano esausti quanto i vinti. I francesi occuparono la zona in cui si era accampato l’esercito nemico la notte precedente, e cercarono di prendere sonno sotto la neve che cadeva bagnando le braci dei fuochi accesi alla bene e meglio. Alcuni andarono a cercare gli amici fra i feriti, mentre i medici iniziavano a svolgere il loro terribile lavoro sotto le lanterne fumanti. Senza dubbio i soldati francesi erano dei tipi duri. Alcuni uomini del 26° Regg. di Fanteria leggera della 1ª Brigata di Legrand, per esempio, volevano a tutti i costi che il loro amato comandante, il colonnello Pouget, passasse una notte confortevole. Quindi, come ha ricordato lo stesso ufficiale nelle sue memorie, ‘accatastarono dei cadaveri di soldati russi e li coprirono con uno strato di paglia’.
Lentamente, Napoleone si diresse verso la scuderia postale al bivio della strada principale per Brünn e Olmütz. Lungo il tragitto si fermava continuamente ordinando di soccorrere i feriti, a volte dando loro del brandy con le sue stesse mani. Mentre gli uomini della scorta toglievano i cappotti dai cadaveri dei russi per coprire i feriti, Napoleone mangiò un pasto frugale, fatto di razioni dell’esercito, e si asciugò davanti a un grande fuoco. Il principe austriaco Lichtenstein si presentò con la bandiera bianca a mezzanotte (altre fonti sostengono che fosse appena prima dell’alba), per accordarsi su un incontro preliminare fra Napoleone e Francesco II nel primo pomeriggio del giorno 4, da svolgersi dove la strada per l’Ungheria incontrava il fiume Spalény. Una volta partito il principe, Napoleone iniziò a dettare il suo messaggio di vittoria all’esercito. Arrivò soltanto a dire ‘Soldats, Je suis content de vous…’ quando fu sopraffatto dalla stanchezza. Allora prese la penna e scrisse una nota veloce a Giuseppina. ‘Ho battuto l’esercito austro-russo comandato dai due imperatori. Sono un po’ stanco. Ho campeggiato all’aperto per otto giorni e otto gelide notti. Domani dovrei recarmi nel castello del principe Kaunitz [ad Austerlitz], e forse riuscirò a dormire qualche ora. L’esercito russo non è stato soltanto battuto, ma completamente distrutto. Ti abbraccio, Napoleone.’ Poi si distese sul suo letto da campo e dormì il sonno dei giusti, protetto dalla sua guardia del corpo, il mamelucco Roustam, distesa davanti alla porta della sua camera.
Dopo la battaglia
La mattina seguente Napoleone si svegliò di buon ora. Dopo aver ricevuto i rapporti che confermavano che il nemico era in piena ritirata, pungolato occasionalmente dallo schieramento di cavalleria del principe Murat, si sedette alla sua scrivania e completò l’ordine del giorno che aveva iniziato la sera precedente. Questo si basava ancora su informazioni incomplete, e le statistiche che riportava erano provvisorie.
‘Austerlitz, 12 frimaio, anno XIV
Soldati, sono fiero di voi! In questo giorno ad Austerlitz avete dato dimostrazione di tutto il coraggio che sapevo dimorava in voi, e avete onorato le vostre aquile con gloria immortale. In meno di quattro ore un esercito di 100.000 uomini [sic], comandato dagli imperatori di Russia e Austria, è stato battuto o disperso. I nemici che sono sfuggiti alle vostre baionette sono annegati nei laghi. Quaranta bandiere, gli stendardi della Guardia imperiale russa, 120 pezzi di artiglieria, venti generali e oltre 3.000 prigionieri sono il bottino di questo giorno, che sarà celebrato per sempre. Che una fanteria talmente decantata, in numero così superiore, non abbia resistito alla vostra carica, è prova del fatto che non avete più rivali da temere. In soli due mesi questa Terza Coalizione è stata sconfitta e si è sciolta. La pace non può essere lontana ma, come ho promesso al mio popolo prima di attraversare il Reno, farò solamente una pace che possa offrirci delle garanzie e assicurare delle ricompense per i nostri alleati … Che tutto il sangue sparso su questo campo, che tutte queste sfortune possano ricadere sulla testa di quegli isolani perfidi [gli Inglesi] che le hanno causate. Che i vigliacchi oligarchi di Londra possano pagare le conseguenze di tutti questi mali.
Soldati, quando il popolo francese mi ha incoronato, ho confidato in voi a mantenere quella corona nello stato di gloria che per me è l’unico elemento a conferirle un valore. Ma in questo momento esatto i nostri nemici stavano programmando di distruggerla e svilirla, insieme alla Corona di Ferro [del Regno d’Italia], conquistata con il sangue di così tanti francesi; volevano costringermi a deporla sulla testa dei nostri più grandi nemici. Erano complotti sfacciati e assurdi che, proprio nel giorno dell’anniversario dell’incoronazione, voi avete sventato e dissipato. Avete insegnato loro che è più facile vantarsi di fronte a noi e minacciarci che non conquistarci.
Soldati, quando tutto il necessario per la felicità e la prosperità della Madre Patria sarà fatto, vi ricondurrò in Francia: lì sarete l’oggetto della mia più attenta sollecitudine. Il mio popolo vi accoglierà con gioia, e basterà che dite “Ero alla battaglia di Austerlitz”, perché essi rispondano “Ecco uno dei valorosi soldati”.
NAPOLEONE’
Quattro giorni più tardi l’imperatore avrebbe mantenuto la parola. Il 7 dicembre, ad Austerlitz, furono promulgati due decreti per la distribuzione delle ricompense. Due milioni di franchi d’oro furono distribuiti fra gli ufficiali superiori; i generali ricevettero 6.000 franchi, i colonnelli e i maggiori 2.400 franchi, i capitani 1.200, i tenenti e sottotenenti 800, e ciascun soldato fu premiato con 200 franchi. Le vedove dei caduti avrebbero ricevuto una pensione. I figli rimasti orfani sarebbero stati adottati formalmente dall’imperatore in persona, e avrebbero potuto aggiungere ‘Napoleone’ al proprio nome di battesimo. Tutti avevano diritto a frequentare le scuole statali speciali; i ragazzi avrebbero poi ricevuto un posto, mentre per le ragazze era in serbo una dote per il matrimonio pagata dallo Stato. Il ricordo di Austerlitz era destinato a sopravvivere per sempre, e ancora oggi, alla scuola militare francese di Saint-Cyr Coétiquidian in Bretagna, il 2 dicembre viene commemorato con una ricostruzione della battaglia di un’ora, svolta dall’intero corpo degli Ufficiali Cadetti nell’area di addestramento della scuola, che si chiama (ovviamente!) Le Pratzen. Austerlitz ha anche dato il nome a una delle più importanti stazioni ferroviarie di Parigi. Per ciò che riguarda i pezzi di artiglieria tolti al nemico, gran parte di questi sono stati fusi e usati per rinforzare la colonna Vendôme in una delle piazze principali della capitale, dove si trova ancora oggi.
Nel 1808, quando era venuto il momento di assegnare i ducati e altre distinzioni del maresciallato, Jean-Nicolas Soult chiese di poter diventare duca di Austerlitz. Ma Napoleone rifiutò. Potevano esserci duchi di Rivoli, di Auerstadt e (più tardi) principi di Wagram e della Moscova, ma non ci sarebbe mai stato un principe o duca di Austerlitz. Quello era un titolo che Napoleone era determinato a tenere per sé.
Il giorno 3 dicembre, Napoleone scrisse una breve lettera al fratello maggiore Joseph. ‘Sebbene abbia bivaccato per gli ultimi otto giorni, la mia salute non sembra averne sofferto. Questa sera dormirò in un letto nel bel castello di Monsieur de Kaunitz ad Austerlitz – cosa che non ho potuto fare da una settimana.’ Nonostante le storie che poi si raccontarono di Napoleone Bonaparte, egli non era del tutto avverso alle comodità della vita.
Intanto i segretari dell’imperatore stavano raccogliendo diligentemente i dati relativi alla vittoria e a quanto era costata. Con tutte le informazioni alla mano, perlomeno quelle disponibili, si calcolava che gli Alleati avevano perso nove generali, venti ufficiali superiori e 800 ufficiali inferiori. I morti erano 11.000 da parte russa e 4.000 da parte austriaca. Venivano forniti anche altri dettagli, che tuttavia appaiono poco affidabili. Le stime ufficiali russe (che comprendono la cavalleria pesante ma non il resto dei corpi della Guardia imperiale) ammisero la perdita di 19.886 fra cavalieri e fanti, e di 3.616 artiglieri. I 18 gruppi di prigionieri che camminavano faticosamente attraverso Brünn verso il Reno erano costituiti da 9.767 russi e 1.686 austriaci. Le perdite sofferte dalla Guardia imperiale sono tuttora sconosciute, ma devono essere state rilevanti, con 200 prigionieri nella sola Cavalleria della Guardia. Il numero di morti dell’esercito austriaco era di 600 circa. Per quanto riguarda il bottino, i francesi avevano catturato, a parte le molte migliaia di zaini russi, 186 cannoni, 45 bandiere reggimentali (che sarebbero poi andate a decorare la cattedrale di Notre-Dame), 400 cassonetti d’artiglieria e tutto il bagaglio pesante dell’esercito.
Le perdite francesi dichiarate erano 1.300 morti, 7.000 feriti e 573 prigionieri. La Prima Divisione di Friant del III Corpo aveva sofferto più di tutte, perdendo 1.900 uomini, seguita dalla Prima Divisione di Saint-Hilaire con 1.776 e dalla Seconda Divisione di Vandamme con 1.456, ambedue appartenenti al IV Corpo. Le perdite del I Corpo erano state minime, forse perché aveva svolto un ruolo secondario nella battaglia, grazie alla prudenza – alcuni dissero e direbbero eccessiva – di Bernadotte. Molte delle statistiche sono inaffidabili, ma sembra che una delle unità più colpite sia stata il 24° Reggimento di Fanteria leggera della brigata del Generale Schinner appartenente alla divisione di Vandamme, che subì 126 morti e 364 feriti. Un generale (Valhubert), tre ufficiali di Stato maggiore e 87 altri ufficiali erano fra gli uccisi o morirono delle ferite; 13 generali, 32 ufficiali dello Stato maggiore e altri 460 ufficiali inferiori erano fra i feriti.
L’incontro fra l’imperatore francese e quello austriaco ebbe luogo alle 14 del 4 dicembre nel luogo prestabilito. Fu acceso un grande fuoco, e i convenuti si sedettero su una semplice tavola di legno appoggiata sopra un tronco caduto. Francesco II arrivò in carrozza accompagnato dal principe Lichtenstein, e scortato da due squadroni. Napoleone aveva fatto schierare lungo un crinale che dominava il luogo l’intera Guardia imperiale in alta tenuta. Parti dell’esercito austriaco erano invece spiegate nella valle. L’imperatore Francesco, che dimostrava molto più dei suoi 36 anni, scese dalla carrozza e rifiutò l’abbraccio di Napoleone, ma poi disse alcune parole molto appropriate, che aiutarono a rompere il ghiaccio. Il colloquio durò per circa due ore. Non si sa esattamente ciò che fu detto; tuttavia vi furono anche alcuni momenti di ilarità, e Francesco se ne andò più contento di quando era arrivato, e permise che Napoleone lo abbracciasse. Questo fu il primo incontro fra i due uomini che cinque anni dopo sarebbero diventati suocero e genero. Senza dubbio una delle cose che piacque a Francesco II fu che Napoleone concesse un armistizio con entrata in vigore immediata, il giorno 5.
Come Napoleone stesso scrisse più tardi al suo Ministro degli Esteri Talleyrand, a Vienna: ‘L’imperatore d’Austria mi ha chiesto un colloquio; è durato dalle 14 alle 16. Vi dirò cosa penso di lui a voce. Desiderava stabilire i termini di pace al momento. Ha fatto appello ai miei sentimenti; mi sono difeso, cosa che vi assicuro non è stata difficile. Mi ha chiesto un armistizio, che ho concesso … Informate gli austriaci che la battaglia ha cambiato lo stato delle cose, e che si devono aspettare condizioni più dure; e che mi lamento soprattutto del loro comportamento, del fatto che mi abbiano inviato dei negoziatori nello stesso giorno in cui erano intenzionati ad attaccarmi, per cogliermi alla sprovvista … Dirà a M. Haugwitz [il Ministro degli Esteri prussiano arrivato da Brünn prima della battaglia] di aspettarmi a Vienna.’ Quest’ultima frase conteneva il seme di una futura guerra, in quanto Napoleone si vendicò spietatamente del fatto che il re Federico Guglielmo III fosse stato sul punto di unirsi alla Terza Coalizione. Quando Napoleone concesse finalmente un colloquio a Haugwitz, osservò enigmaticamente che le congratulazioni esagerate che gli venivano espresse ‘sembravano essere state riindirizzate a lui solo recentemente’.
Intanto l’inseguimento francese si svolgeva in modo discontinuo, e quando il generale Savary arrivò a Göding la sera del 4 dicembre con la notizia dell’imminente armistizio trovò che le ostilità erano già cessate di comune accordo. Il capo dei servizi informativi di Napoleone rimase a vedere i russi marciare lungo un ponte, diretti verso l’Ungheria e la Polonia, e calcolò che fossero ‘non più di 26.000 … comprese tutte le armi. Gran parte di essi avevano perso gli zaini, e molti erano feriti, ma con grande coraggio marciavano in fila con gli altri.’ L’esercito francese aveva già avuto modo di ammirare lo stoicismo dei soldati russi. Lo zar gli lasciò un messaggio da passare a Napoleone: ‘Dite al vostro comandante che me ne sto andando. Ditegli che ha fatto miracoli … che la battaglia ha fatto aumentare ancor più la mia stima di lui; che è un uomo prescelto da Dio; e che ci vorranno cent’anni prima che il mio esercito potrà eguagliare il suo.’
Queste parole sottintendevano la fine della Terza Coalizione di William Pitt. Quando le notizie di Austerlitz raggiunsero Londra, il primo ministro ordinò ai suoi aiutanti di arrotolare la mappa d’Europa e metterla via. ‘Non ci servirà per questi sette anni’. Intanto a Vienna ebbero inizio tre settimane di intense trattative. Il risultato fu la Pace di Presburgo, firmata il 26 dicembre. Come ci si poteva immaginare, i termini del trattato erano molto pesanti. L’Austria fu forzata a concedere Venezia al Regno d’Italia; alla Baviera, fedele alleata dei francesi, andavano il Tirolo, il Vorarlberg e altri territori alpini; il duca di Württemberg ricevette la Svevia. La malinconica osservazione di Pitt riguardo la mappa d’Europa era del tutto appropriata: stava per iniziare un periodo di immensi cambiamenti cartografici dettati dall’egemonia francese, e le frontiere d’Europa non sarebbero ritornate ad assomigliare a quelle prima del 1805 se non dopo Waterloo, nel 1815. Ma il grande premier inglese non avrebbe visto quel giorno. Austerlitz rappresentava un nuovo colpo troppo forte alle sue aspirazioni, e la sua fragile costituzione, già indebolita dalla sua dedizione all’alcool, non resistette. Nel giro di poche settimane (nel gennaio 1806), l’acerrimo avversario di Napoleone morì, col cuore spezzato. Napoleone stava diventando padrone d’Europa.
Se volete approfondire quella che fu senza dubbio la più grande vittoria di Napoleonepotete farlo sfogliando il volume di Eserciti e battaglie Austerlitz 1805 – La battaglia dei tre imperatori nella biblioteca dell’Antica Frontiera.