Repubblica Sociale Italiana, 1944. Monumenti distrutti, seconda emissione. Abbazia di Montecassino. | Italia, 1951. Ricostruzione dell'abbazia di Montecassino. L. 20 Veduta dell'abbazia prima del bombardamento, L. 55 Veduta dell'abbazia dopo il bombardamento. Il motto latino "succisa virescit" significa letteralmente "tagliata ricresce" ed è dedicato all'abbazia quattro volte distrutta e ricostruita. | Italia, 1994. Avvenimenti storici della seconda guerra mondiale, nel cinquantenario. Seconda serie. Distruzione dell'abbazia di Montecassino. Rovine dell'abbazia in uno scenario di distruzione totale. |
Il 15 febbraio 1944, durante la seconda guerra mondiale, il magnifico edificio fondato da San Benedetto da Norcia nel VI secolo d.C. fu raso al suolo dal violento e continuo bombardamento con cui gli alleati martellavano il caposaldo tedesco che bloccava loro la strada per Roma. Nel dopoguerra fu completamente ricostruito secondo il disegno originario.
L'inutile distruzione dell'antica abbazia benedettina è stata ricordata tre volte dall'Italia, la prima nel 1944, con finalità propagandistiche, dalla Repubblica Sociale Italiana, le altre due dalle poste repubblicane rispettivamente nel 1951 e nel 1994. Di esse abbiamo pubblicato le immagini e una breve descrizione sopra.
Tre giorni prima della data fissata per l’attacco, Freyberg pone una condizione e solleva un problema: esige il bombardamento di Montecassino e la distruzione dell’abbazia.
Alta sulla sua rocca, con un’unica strada scoscesa e ripida per accedervi, l’abbazia non ha interrotto la sua preghiera. I monaci sono rimasti attorno al loro abate-vescovo, l’ottuagenario Gregorio Diamare. I tesori d’erudizione e d’arte sono stati trasportati, a cura dell’esercito tedesco, nella Città del Vaticano. Alcuni profughi sono saliti verso l’alto luogo completamente accerchiato dal furore della guerra, ma che si eleva al di sopra di essa come una tregua divina. Su richiesta della Santa Sede, Kesselring ha fatto tracciare intorno all’abbazia un cerchio di 300 metri di raggio, vietandone rigorosamente il passaggio ai soldati tedeschi, anche se feriti. Uno solo ha trasgredito la consegna, il pio generale Fridolin von Senger und Etterlin, che la notte di Natale ha voluto assistere alla messa nella cripta dove riposa san Benedetto. Le deposizioni scritte dei religiosi stabiliranno che non vi sono mai stati, nel recinto dell’abbazia, né guarnigione né depositi tedeschi.
All’epoca, una testimonianza unica, ma pesante, sosteneva il contrario. Il comandante in capo del Mediterraneo, sir Henry Maitland Wilson, ha avuto l’audacia di sorvolare Montecassino sul suo Piper Cub a 75 metri di altezza. Egli afferma di aver visto delle antenne sul monastero e soldati tedeschi nei cortili. Freyberg si basa su questa testimonianza per reclamare il bombardamento dell’abbazia.
Clark consulta il comandante dell’aviazione, Ryder, e il comandante del 2° corpo americano, Kayes. L’uno contesta la testimonianza di Wilson, l’altro assicura che i suoi soldati non hanno mai ricevuto un colpo di fucile proveniente dall’abbazia. Clark, di conseguenza, si oppone al bombardamento, ma Freyberg non è un subordinato normale. Comandante del corpo di spedizione neozelandese, egli è in contatto diretto col suo governo, che può in qualsiasi momento richiamare il suo contingente. Perciò fa la voce grossa. « Se vi rifiutate di bombardare il convento» notifica a Clark «tutta la responsabilità di un eventuale fallimento dell’attacco sarà vostra … » Clark risponde che si ostinerebbe nel rifiuto se si trattasse di un generale americano, ma deve prendere in considerazione la situazione eccezionale di Freyberg e riferirne ad Alexander. Alexander a sua volta gira la questione a Wilson, il quale, sulla base della sua personale pericolosa ricognizione, dichiara di avere la «prova irrefutabile» che il monastero di Montecassino è incluso nel sistema di fortificazione tedesco. In ogni caso, la conservazione dell’abbazia più famosa di tutta la cristianità non poteva essere la contropartita della partecipazione alla guerra del Dominion di Nuova Zelanda. Il bombardamento fu deciso ed eseguito il 15 febbraio.
Quelli che ne furono testimoni, come il generale Juin, conservano ancora l’impressione di un sacrilegio. Sotto le 247 tonnellate di bombe sganciate da 142 fortezze volanti con rara precisione, il monastero parve letteralmente eruttare in un formidabile fungo di fumo e di fiamme. Immediatamente dopo il passaggio dei grandi bombardieri, l’artiglieria pesante aprì il fuoco con tutti i suoi pezzi, quindi una seconda ondata aerea, formata da 82 B-25 e B-26, rovesciò su Montecassino una pioggia di bombe da 100 chili. La cima riapparve coperta da un ammasso informe di rovine. La cripta che racchiude la tomba di san Benedetto e i benedettini che vi si erano rifugiati furono risparmiati, ma il venerabile abate, portato a spalle a Cassino, qualche giorno dopo morì.
Il bombardamento di Montecassino fu utile solo ai tedeschi. Delle rovine del monastero, neutralizzato il giorno prima, essi fanno una cittadella, occupata dal 3° reggimento paracadutisti comandato dal colonnello Heillmann. Potentemente rinforzata da artiglieria d’armata, la divisione di cui fa parte, la lª paracadutisti, al comando del generale Richard Heidrich, tiene tutto il settore di Cassino. Questa unità deriva dalla 7ª divisione aerea, che cominciò a farsi onore il 19 maggio 1940 sulle soprastrutture del forte di Eben-Emael, ma Hitler, dopo Creta, non crede più ai paracadutisti, e ora essa combatte come una normale unità di fanteria. Tuttavia, nonostante questo declassamento, lo spirito di corpo e il gusto dell’impresa sono rimasti intatti.
Fino al mese di aprile, la lotta per Cassino diventa una piccola battaglia di Verdun nella quale sono ferocemente contesi ogni palmo di trincea, ogni brandello di muro. Gli Alleati possono permettersi sperperi di munizioni, come quello dell’ultima settimana di marzo, nel corso della quale spararono non meno di 588.094 proiettili, e tuttavia il corpo di Freyberg si logora in inutili sforzi sanguinosi. Tutti gli assalti che lancia in direzione di Montecassino falliscono. A Cassino, prende la metà della stazione, un angolo del quartiere nord, la collina del castello, ma questi deboli progressi non intaccano seriamente la posizione tedesca. L’accesso alla vallata del Liri resta interdetto, la via di Roma resta chiusa.
Se volete approfondire l’inutile distruzione dell’abbazia benedettina di Montecassino potete farlo sfogliando il 2° volume de La seconda guerra mondiale di Raymond Cartier nellabiblioteca dell’Antica Frontiera.