Il politico e vescovo cattolico francese Armand-Jean du Plessis, noto soprattutto come cardinale e duca di Richelieu, morì a Parigi il 4 dicembre 1642.
Primo ministro dal re Luigi XIII di Francia, i due principali obiettivi di Richelieu alla guida dello stato furono il rafforzamento del potere del monarca transalpino e la volontà di fare della Francia la più grande potenza d'Europa, proposito perseguito facendo intervenire l'esercito francese nella guerra dei trent'anni contro la Spagna e l'Austria, contro le quali ottenne numerosi successi.
Per ricordare la figura storica di questo potentissimo uomo di stato abbiamo scelto i cinque francobolli che la Francia gli ha dedicato nel corso degli anni. Di ogni emissione abbiamo pubblicato sopra la relativa immagine corredata di didascalia.
Discendente da una nobile famiglia decaduta durante le guerre di religione, Armand-Jean du Plessis duca di Richelieu (1585-1642) fu destinato dapprima al mestiere delle armi. Ma quando il fratello Alphonse-Louis rinunciò al vescovato di Luçon, il giovane Armand fu chiamato a sostituirlo. Su raccomandazione di Enrico IV e con la dispensa papale per la sua giovane età, nel 1607 fu consacrato vescovo.
Egli si dedicò con rigore ai suoi compiti: impose al suo clero una severa disciplina, incoraggiò le missioni, promosse un’incisiva campagna di conversione degli ugonotti. Nominato delegato agli Stati generali del 1614, si distinse per la sua opera di mediazione fra clero e nobiltà, conquistandosi la fiducia della reggente Maria de’ Medici e del suo favorito, Concino Concini, che gli valsero la nomina, nel 1616, a segretario di Stato per la guerra e gli affari esteri. Ma dopo l’assassinio del Concini (1617), essendo stata Maria allontanata da Parigi dal figlio Luigi XIII che aveva assunto direttamente il potere, Richelieu seguì la regina nell’esilio a Blois. In seguito alla riconciliazione tra la regina madre e Luigi XIII, Richelieu seppe conquistarsi la fiducia del sovrano, che nel 1622 gli fece ottenere la porpora cardinalizia e nel 1624 lo ammise a far parte del proprio consiglio, di cui nel volgere di pochi mesi Richelieu divenne sostanzialmente l’arbitro, e tale sarebbe rimasto fino alla sua morte.
Il suo impegno di primo ministro fu speso nel tenace perseguimento di due obiettivi: la riproposizione del ruolo internazionale della Francia e l’affermazione dell’assolutismo monarchico e della centralizzazione del potere. Il perseguimento del primo richiedeva inevitabilmente un lungo e costoso impegno diplomatico e militare, inteso a ridimensionare la potenza degli Asburgo; quello dell’altro, la soppressione delle forze che potevano resistere all’affermazione del potere del sovrano. Richelieu sapeva che solo il raggiungimento del secondo poteva garantire quello del primo. Nel 1628 La Rochelle, la più importante piazzaforte ugonotta, si arrese dopo una eroica difesa durata oltre un anno. L’Editto di grazia del 1629, pur riconoscendo agli ugonotti la libertà di professare la propria religione, li privò di tutte le garanzie militari loro assicurate dal trattato di Nantes.
Assicuratosi all’interno, anche attraverso il soffocamento di congiure nobiliari orchestrate dal fratello del re Gastone d’Orléans, Richelieu riprese il suo programma antiasburgico: e mentre in Germania sosteneva finanziariamente i principi protestanti in lotta con l’impero, interveniva direttamente in Italia per sostenere la candidatura del duca di Nevers al ducato di Mantova, assicurando alla Francia il possesso dell’importante piazzaforte di Pinerolo. Il successo provocò però una nuova crisi interna per l’opposizione alla politica di Richelieu dell’antica protettrice Maria, attorno alla quale si era riunito il partito filospagnolo.
L’appoggio del re sancì alla fine la vittoria di Richelieu, che decise a quel punto di intervenire direttamente nella guerra dei Trent’anni. Inizialmente le operazioni militari ebbero un andamento disastroso per i Francesi; negli anni successivi la situazione andò lentamente migliorando. Furono tuttavia anni durissimi per la Francia, agitata da intrighi nobiliari e rivolte popolari.
Alla sua morte, nel 1642, il cardinale lasciava una situazione certo migliore che non pochi anni prima, ma comunque difficile. E tuttavia, al suo successore Mazzarino, lasciava anche una serie di precisi obiettivi politici e di strumenti cruciali per realizzarli: la rete dei commissari regi; un esercito stanziale e professionale ben organizzato; un’efficiente flotta da guerra e commerciale; l’impostazione, infine, di un programma di espansione commerciale e produttiva, su basi mercantilistiche, che avrebbe costituito un modello per i ministri di Luigi XIV.
Se volete approfondire la vita del celebre Cardinale potete farlo sfogliando l’8° volume de La Storia – Il Seicento: l’età dell’assolutismo nella biblioteca dell’Antica Frontiera.