Sono numerose le emissioni dedicate al Sommo Poeta morto in esilio a Ravenna nel 1321 per un attacco di malaria.
Noi ci limiteremo a descrivere quelle italiane, le prime quattro del Regno di Vittorio Emanuele III, la quinta del periodo della Luogotenenza di Umberto II, le altre cinque di epoca repubblicana.
I primi quattro esemplari furono emessi nel 1921 per commemorare il sesto centenario della morte di Dante. I valori da 15 cent. rosso, 25 cent. verde e 40 cent. seppia mostrano rispettivamente un'aquila che tiene la Divina Commedia, un'allegoria dell'Italia con la scritta "onorate l'altissimo poeta" e un ritratto del grande fiorentino. Il valore da 15 cent. grigio fu scoperto soltanto nel settembre 1943. Identico al 15 cent. rosso, si differenzia da questo solo per il colore.
Le successive tre emissioni sono del periodo fascista. Il ritratto di Dante compare sul valore verde da 10 + 2,50 lire della serie "Pro società nazionale Dante Alighieri" del 1932, sul servizio di posta pneumatica color viola da 15 cent. del 1933 e sui tre esemplari da 25 cent. verde, da 50 cent. bruno e da 1 lira viola, gli ultimi due di posta aerea, della serie celebrativa della proclamazione dell'impero.
Arriviamo quindi al Dopoguerra e alla Luogotenenza di Umberto II. Nell'ottobre 1945 ricompare il soggetto di posta pneumatica del 1933, questa volta però senza fasci, di colore bruno e in un valore da 60 cent.
La prima serie dantesca di epoca repubblicana risale al 1965 e celebra il 7° centenario della nascita del poeta. I quattro valori mostrano l'incontro con Farinata degli Uberti e Cavalcante Cavalcanti (40 lire), la salita al settimo girone e l'angelo della castità (90 lire), Beatrice e Dante di fronte a san Pietro (130 lire) e un Ritratto di Dante Alighieri (500 lire).
Nel 1990 fu emesso un esemplare da 700 lire in occasione del centenario della Società nazionale Dante Alighieri. Il francobollo raffigura un ritratto del poeta, la Divina Commedia e un mappamondo.
Per ricordare il cinquantenario dell'Accademia di studi italo-tedeschi di Merano nel 2009 le poste italiane hanno dato alle stampe un esemplare da 60 centesimi di euro sul quale compaiono le effigi di Goethe e Dante Alighieri.
Il 21 ottobre dello stesso anno, in occasione della Giornata della lingua italiana, San Marino, Vaticano e Italia hanno realizzato un'emissione congiunta con un foglietto contenente 5 esemplari da 60 centesimi di euro in cui compaiono Dante e Virgilio e altrettante vignette, ognuna delle quali raffigurante un verso dell'incipit della Divina Commedia.
L'ultima emissione riguardante il Sommo Poeta è di tre anni fa e celebra la Giornata della Filatelia del 2011. Il francobollo autoadesivo da 0,60 € - realizzato per il "progetto Dante" e recante la scritta "La Divina Commedia attraverso la Filatelia" - mostra l'esemplare del 1965 e un paio di annulli commemorativi.
A metà della nostra esistenza terrena mi trovai a vagare in una buia foresta, nella condizione di chi ha smarrito la via del retto vivere. Mi è assai difficile descrivere questa selva inospitale, irta di ostacoli e ardua da attraversare, che al solo pensarci risuscita in me lo sgomento. Il tormento che provoca è di poco inferiore all’angoscia della morte; ma per giungere a parlare del bene incontratovi, dirò prima delle altre cose che in essa ho vedute. Ma, giunto alle pendici di un colle, dove terminava la selva che mi aveva trafitto il cuore di angoscia, volsi lo sguardo in alto, e vidi i declivi presso la cima già illuminati dai raggi dell’astro (il sole) che guida secondo verità ciascuno nel suo cammino. Allora la paura che, per tutta la notte da me trascorsa in così compassionevole affanno, mi aveva attanagliato nel profondo del cuore, placò in parte la sua violenza, E con l’aspetto del naufrago che, appena raggiunta con affannoso respiro la terraferma, si volge ad abbracciare con lo sguardo crucciato l’immensità degli elementi scatenati, mi volsi indietro, con l’animo ancora atterrito, a rimirare la impervia plaga da cui nessun essere vivente riuscì mai a venir fuori. Dopo aver riposato un poco il corpo stanco, ripresi ( senza interruzioni) la mia salita lungo il pendio desolato, in modo che il piede fermo era sempre più basso rispetto a quello in movimento. Ma, giunto quasi all’inizio della salita vera e propria, ecco apparirmi una lince snella e veloce, dal manto chiazzato: essa non si allontanava dal mio cospetto, ma al contrario ostacolava a tal punto il mio procedere, che più di una volta fui sul punto di tornarmene indietro. Era l’alba e il sole saliva in cielo nella costellazione dell’Ariete, con la quale si era trovato in congiunzione allorché Iddio creò, imprimendo loro il movimento, gli astri; per questa ragione erano per me auspicio di vittoria su quella belva dalla pelle screziata l’ora mattutina e la primavera (la dolce stagione: il sole è nel segno dell’Ariete appunto in questa stagione), non tanto tuttavia da far si ch’io non restassi nuovamente atterrito all’apparizione di un leone. Questo sembrava venirmi incontro rabbioso e famelico, col capo eretto, e diffondeva intorno a sé tanto spavento che l’aria stessa sembrava rabbrividirne. E (oltre al leone) una lupa, nella cui macilenta figura covavano brame insaziabili, e che già molte genti aveva reso infelici, mi oppresse di tale sbigottimento con il suo aspetto, che disperai di raggiungere la cima del colle. E come colui che, avido di guadagni, quando arriva il momento che gli fa perdere ciò che ha acquistato, si cruccia e si addolora nel profondo del suo animo, tale mi rese la insaziabile lupa, che, dirigendosi verso di me, mi respingeva nuovamente verso la selva, là dove il sole non penetra con i suoi raggi. Mentre stavo precipitando in basso, mi apparve all’improvviso colui che, per essere stato a lungo silenzioso, sembrava ormai incapace di far intendere la sua voce. Quando lo scorsi nella grande solitudine, implorai il suo aiuto: ” Abbi pietà di me, chiunque tu sia, fantasma o uomo in carne ed ossa !” Mi rispose: ” Non sono vivo, ma lo sono stato, e i miei genitori furono entrambi lombardi, originari di Mantova. Vidi la luce mentre era ancora in vita Giulio Cesare, benché troppo tardi (per esserne conosciuto e apprezzato), e vissi a Roma al tempo di Ottaviano Augusto, principe di gran valore, in un’età in cui vigeva il culto di divinità non vere e ingannevoli. Fui poeta, e celebrai in versi le imprese di quel paladino della giustizia (Enea), figlio di Anchise, che venne da Troia ( a stabilirsi in Italia ), dopo che la superba città fu incendiata. Ma tu perché vuoi ridiscendere a tanta pena, giù nella valle? Perché non ascendi invece il gaudioso colle, dispensatore e origine di ogni perfetta letizia? ” “Sei proprio tu ” risposi reverente ed umile ” il grande Virgilio, sorgente copiosa d’inesauribile poesia? O tu che onori e illumini chiunque coltivi l’arte del poetare, mi acquistino la tua benevolenza l’assidua consuetudine e il grande amore che mi ha spinto ad accostarmi alla tua opera. Tu sei lo scrittore e il maestro che ha avuto su di me autorità indiscussa; sei l’unico dal quale ho appreso il bello scrivere che mi ha arrecato fama. Guarda la lupa che mi ha fatto tornare sui miei passi: chiedo il tuo aiuto, famoso sapiente, poiché essa mi fa tremare di paura in ogni fibra.” Virgilio, reso pietoso dalle mie lagrime: “Tu devi, se vuoi uscire da questo luogo impervio, seguire una altra strada: perché la belva, per la quale tanto ti lamenti, ostacola il cammino a chiunque in essa si imbatte, perseguitandolo senza tregua sino ad ucciderlo; e tanto perversa e malvagia è la sua indole, che nulla può placarne le smodate cupidigie e, invece di saziarla. il cibo ne accresce gli appetiti. Numerosi sono gli animali ai quali si accoppia, e il loro numero è destinato a crescere, fino alla venuta ( in veste di liberatore) di un Veltro, che la ucciderà crudelmente. Né il potere né la ricchezza saranno il suo nutrimento, ma soltanto le qualità della mente e dell’animo, e la sua nascita avverrà tra poveri panni. Sarà la salvezza di quella Italia, ora umiliata, per la quale si immolarono in combattimento la giovinetta Camilla, Eurialo e Turno e Niso. Egli darà la caccia alla lupa in ogni città, fino a costringerla a tornarsene nella sua sede naturale, l’inferno, da dove Lucifero, odio primigenio, la fece uscire. Perciò penso e giudico che, per la tua salvezza, tu mi debba seguire, e io sarà tua guida, e ti condurrò da qui nel luogo della pena eterna, dove udrai i disperati lamenti dei malvagi, vedrai gli spiriti di coloro che, fin dalla più remota antichità, soffrono per l’inappellabile dannazione; e vedrai coloro che sono contenti di espiare le loro colpe nei tormenti purificatori del purgatorio, certi di salire prima o poi al cielo. Se tu vorrai giungere fin lassù, un’anima più nobile di me ti accompagnerà: con lei ti lascerò al momento del mio distacco; poiché Dio, che lassù regna, non permette che qualcuno possa penetrare nella sua città (tra i beati) senza essere stato in terra sottomesso alla sua legge ( cioè cristiano ). Dio è in ogni luogo sovrano onnipotente e ha nel cielo la sua sede; qui si trovano la sua città e l’eccelso trono: felice colui che Dio sceglie perché risieda in cielo” Ed io: ” Poeta, ti chiedo in nome di quel Dio che non hai potuto conoscere, per la mia salvezza temporale ed eterna di condurmi là dove ora hai detto, tanto che io possa vedere la porta del paradiso e le anime che dici immerse in così grandi pene” Virgilio sì incamminò, e io lo seguii.
Avete appena letto la parafrasi del I Canto della Divina Commedia. Se volete continuare a leggere l’opera più celebre di Dante, nonché una delle più importanti testimonianze della civiltà medievale, conosciuta e studiata in tutto il mondo e ritenuta da alcuni il più grande capolavoro della letteratura di tutti i tempi, potete trovarne diverse edizioni nella biblioteca dell’Antica Frontiera.