Organizzazione internazionale dei partiti comunisti, fu fondata per iniziativa dei bolscevichi russi secondo i quali la rivoluzione d'ottobre aveva aperto, nella storia delle lotte del proletariato, una fase nuova per la conquista del potere politico, che rendeva prioritaria la difesa dello stato sovietico minacciato dalla reazione delle potenze occidentali. Dopo il fallimento della seconda Internazionale, scioltasi allo scoppio della Prima guerra mondiale, la nuova doveva riunificare le correnti rivoluzionarie e favorire la formazione dei partiti comunisti in tutto il mondo. Su questa base, nel marzo 1919, si riunirono a Mosca delegati di partiti socialisti e comunisti di vari paesi per sostenere il governo sovietico e per compiere, secondo le parole di Lenin, il primo passo verso la Repubblica internazionale dei soviet e la vittoria mondiale del comunismo. Dopo questo primo atto formale di costituzione, l'Internazionale comunista tenne nel luglio-agosto del 1920 il suo secondo congresso, cui parteciparono delegazioni di trentasette paesi e che tracciò le basi ideali e programmatiche accogliendo i ventuno punti proposti da Lenin: i partiti che intendevano aderire si impegnavano a darsi una struttura analoga a quella del Partito comunista sovietico, a sostenere l'Urss, a rispettare le direttive del Comintern, a lottare contro la socialdemocrazia per favorire la nascita di autonomi partiti rivoluzionari. A dirigere l'Internazionale venne designato un comitato esecutivo permanente, con sede a Mosca, il cui primo presidente fu G.E. Zinov'ev. Negli anni successivi il Comintern risentì pesantemente dei conflitti interni al gruppo dirigente del Partito comunista dell'Urss, che condizionò le scelte politiche subordinando in più di un'occasione agli interessi nazionali sovietici le esigenze dei partiti comunisti dei vari stati, soprattutto negli anni di Stalin e della sua teoria del socialismo in un solo paese. Anche lo scioglimento dell'organizzazione, nel maggio 1943, maturò come conseguenza della politica estera sovietica che, durante la guerra contro il nazismo, volle lanciare agli alleati occidentali un segnale di riconciliazione accantonando, con l'Internazionale, il progetto della rivoluzione mondiale di cui questa doveva essere lo strumento operativo.
Per ricordare la fondazione dell'Internazionale Comunista abbiamo scelto un francobollo sovietico emesso nel 1968. L'esemplare da 30 kopechi fa parte della serie dedicata ai dipinti dei Musei Statali di San Pietroburgo (all'epoca Leningrado) e raffigura un quadro di Boris Michajlovič Kustodiev intitolato "I festeggiamenti nel 1921 del secondo congresso del Comintern in Piazza Uritsky a Pietrogrado" (oggi San Pietroburgo, ndr).
Di fronte all’avallo che la socialdemocrazia internazionale ha dato alla guerra, e al fallimento della sua promessa internazionalista di fermarla, piccoli gruppi di minoranza all’interno di alcuni partiti socialisti si muovono nella prospettiva di rifondare la Seconda Internazionale, di fatto ormai morta.
I socialisti contrari alla guerra, che rifiutano la scelta patriottica di difendere i propri governi impegnati nel conflitto, si ritrovano nel corso di due conferenze: la prima a Zimmerwald nel settembre 1915 e la seconda a Kienthal nell’aprile 1916.
Tra questi, guidata da Lenin, vi è una minoranza convinta della necessità di trasformare la guerra tra stati in guerra di classe e di creare una nuova organizzazione internazionale dei lavoratori. Questo progetto torna d’immediata attualità all’indomani della rivoluzione d’ottobre, prologo, secondo il punto di vista di Lenin, della rivoluzione che sarebbe dovuta scoppiare in tutta Europa. Creare una nuova Internazionale, secondo i capi bolscevichi, avrebbe permesso di raggruppare le sparse correnti rivoluzionarie e favorire in tutto il mondo la formazione dei partiti comunisti, misura ritenuta indispensabile alla vittoria stessa della rivoluzione.
Nel marzo 1919, su invito di Lenin, rappresentanti di numerosi partiti socialisti e dei pochi partiti comunisti già costituiti si ritrovano a Mosca, dove sull’onda dell’entusiasmo per le spinte rivoluzionarie che sembrano percorrere quasi tutti i paesi europei, i bolscevichi riescono a imporre, di fatto, la fondazione della Internazionale comunista.
Poco più di un anno dopo, nell’estate del 1920, il Comintern (così si chiama l’Internazionale in versione russa) nel II Congresso delinea il suo programma e adotta i 21 punti stilati da Lenin per individuare i partiti che possono fare parte della nuova organizzazione: il più importante di essi è la rottura netta con la socialdemocrazia e la formazione di partiti comunisti autonomi, anche se di piccole dimensioni.
La nuova Internazionale nasce attorno alle ipotesi e alle scelte elaborate dai bolscevichi, che utilizzano il prestigio della rivoluzione vittoriosa in Russia per assumerne la direzione e il controllo assoluti. Anche se nell’estate del 1920 la spinta rivoluzionaria europea è già in fase calante, l’attualità di sbocchi insurrezionali è considerata realistica, insieme con la convinzione che la radicalizzazione delle masse possa riprendere solo ove esista un partito d’avanguardia organizzato e disciplinato, su cui fondare le speranze di conquista del potere.
Quasi ovunque i partiti comunisti nascono per scissione di minoranze dai partiti socialisti esistenti, perdendo spesso il legame di massa, frutto di anni di lotte, e dividendo il movimento operaio con contrapposizioni ideologiche sempre più nette. Solo in Francia e Cecoslovacchia i partiti comunisti hanno la maggioranza. In Italia – come in Gran Bretagna, Svizzera, Spagna, Austria, Belgio, Olanda e Danimarca – il Partito comunista è nettamente minoritario; la sua scissione verrà criticata anche da una parte dei comunisti tedeschi, la cui influenza cresce ma senza riuscire ad attrarre nella propria orbita la maggioranza dei socialisti indipendenti.
Nel 1921, in occasione del III Congresso del Comintern, con la fermezza che gli è caratteristica, Lenin riesce a imporre una nuova svolta, dettata dalla convinzione che la fase acuta della rivoluzione sia stata ormai superata e che sia in corso un riflusso conservatore.
L’arma per convincere i partiti comunisti appena formati che la rivoluzione non è più il loro obiettivo immediato è soprattutto di ordine disciplinare e organizzativo, cui si aggiunge l’autorevolezza degli unici rivoluzionari al potere.
Analogamente a quanto sta accadendo in Russia, questa svolta di moderazione è accompagnata da un irrigidimento burocratico e da una progressiva, evidente limitazione degli spazi di dibattito e di dissenso.
Se volete approfondire la nascita del Comintern potete farlo sfogliando il volume Storia illustrata del comunismo nella biblioteca dell’Antica Frontiera.