Alle 10.25 del 2 agosto 1980 l'esplosione di una bomba collocata nella sala d'aspetto di seconda classe distrusse un'intera ala dell'edificio causando 85 morti e 200 feriti, il peggior atto terroristico nel nostro Paese nel secondo dopoguerra.
Incredibilmente l'Italia ha dedicato un unico francobollo (e con colpevole ritardo) a questo orribile episodio della nostra Storia. L'esemplare da 60 centesimi, che rappresenta lo squarcio nel muro provocato dall'esplosione, è stato emesso a 26 anni dalla strage. Due anni prima Valerio Fioravanti, uno degli esecutori materiali della strage, aveva riottenuto la libertà vigilata.
La violenza della deflagrazione, prodotta da una miscela di tritolo e T4, provocò il crollo di parte della stazione, distruggendo alcuni uffici, le sale d’attesa, ca. 30 m di pensilina, e investendo anche il treno Ancona-Chiasso in sosta. I soccorsi, pronti e immediati, videro la partecipazione attiva di gran parte della città. I vigili del fuoco utilizzarono addirittura un autobus della linea 37 – divenuto uno dei simboli di quel giorno, insieme all’orologio della stazione fermo all’ora dello scoppio – per accatastare i corpi delle vittime che a mano a mano venivano estratti da sotto le macerie.
Alle 17.30 dello stesso giorno, il presidente della repubblica Sandro Pertini giunse a Bologna in elicottero, recandosi immediatamente all’ospedale Maggiore e dichiarando ai giornalisti: “Non ho parole, siamo di fronte all’impresa più criminale che sia avvenuta in Italia”.
Ancora prima dei funerali, piazza Maggiore ospitò manifestazioni di rabbia, protesta e dolore da parte della popolazione, scossa profondamente dalla strage. Il 6 agosto, poi, la contestazione non risparmiò gli uomini di governo presenti in San Petronio per le esequie funebri; gli applausi furono riservati solo al presidente Pertini e al sindaco Renato Zangheri.
Immediatamente gli inquirenti individuarono la matrice “nera” della strage: tuttavia, il SISMI, guidato dal generale piduista Giuseppe Santovito (con il quale collaboravano i vice Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte), avviò nel contempo una sistematica azione di depistaggio, allargando il campo delle indagini e dilatando i tempi delle istruttorie. Furono così costruite una “pista libanese”, poi una “pista KGB”, infine una “pista francese”. Si poté dunque arrivare al primo grado di giudizio soltanto sei anni dopo i fatti. Dopo un lunghissimo iter processuale, con la sentenza del 23 novembre 1995, la corte suprema di cassazione ha infine condannato definitivamente all’ergastolo Giusva Fioravanti e Francesca Mambro quali esecutori della strage. Per il depistaggio delle indagini sono stati condannati (dai 7 ai 10 anni di carcere) Licio Gelli, Francesco Pazienza, il generale Musumeci e il colonnello Belmonte.
Se volete approfondire quello che due anni fa l'allora ministro dell’interno Anna Maria Cancellieri giustamente definì un “crimine contro l’umanità” potete farlo sfogliando il 23° volume de La Storia d’Italia – Dagli anni di piombo agli anni Ottanta e gli altri testi sullo stesso argomento nella biblioteca dell’Antica Frontiera.