Dopo gli incidenti all’Università di Roma in occasione del comizio di Luciano Lama, segretario nazionale CGIL, nel marzo 1977, un’assemblea di Comunione e Liberazione all’Università di Bologna venne interrotta da studenti di sinistra; in seguito scoppiarono incidenti e scontri nella zona universitaria. Il rettore chiamò i carabinieri i quali, come spesso era successo in passato, aprirono il fuoco senza necessità: Francesco Lorusso, militante di Lotta Continua, fu colpito a morte. Ne seguirono scontri furiosi tra giovani e polizia, non solo a Bologna ma in tutte le principali città. A Bologna la situazione divenne così preoccupante che le strade furono pattugliate dai mezzi blindati. La città, orgoglio della sinistra e celebrata dappertutto come una delle meglio amministrate d’Europa, era improvvisamente diventata un campo di battaglia.
Naturalmente non esistono francobolli dedicati ai fatti di Bologna del '77 e all'uccisione di Francesco Lorusso. Dato che quelle drammatiche vicende si svolsero nel cuore della zona universitaria e coinvolsero molti studenti dell'Ateneo bolognese per ricordarle abbiamo scelto il francobollo che le poste italiane emisero 11 anni dopo per celebrare il 9º centenario della fondazione dell'Alma Mater Studiorum. L'esemplare viola da 500 lire mostra il particolare di un bassorilievo raffigurante una studentessa.
Il «Settantasette»: un anno simbolo del movimento di lotta politica di massa. Occupazioni, radio libere, collettivi femministi nascevano per sperimentare nuovi linguaggi e nuove forme di aggregazione sociale.
Il Settantasette non nasce e non si esaurisce esclusivamente in quell’anno, ma è figlio del ciclo di lotte del 1968 e i suoi mutamenti influenzeranno i futuri movimenti combattenti che del 1977 colgono solo lo spirito violento. Ma lascerà anche in eredità la nascita di numerose radio libere, di riviste e fogli ad alto potenziale creativo per cambiare le regole monopolistiche dell’informazione. Gli «indiani metropolitani» sperimentano nuove forme espressive, inscenando la dissacrazione del potere. Si pratica l’autoriduzione delle bollette di luce e telefono, si fanno spese proletarie nei negozi e ingressi politici al cinema e a teatro. Nei primi mesi di quell’anno si fanno sempre più sentire le voci di coloro che lamentano condizioni «disumane» nelle fabbriche e che rivendicano spazi autogestiti dove creare aggregazione e dove permettere a tutti di avvicinarsi alla politica.
L’anno si apre con la nascita di un forte movimento studentesco, la cui contestazione si inasprisce contro la «circolare Malfatti», che vieta agli studenti universitari di fare più esami nella stessa materia e toglie la liberalizzazione del piano di studi. Precedentemente si era avuta la suddivisione dei docenti universitari in due ruoli distinti (ordinari e associati), l’aumento delle tasse e l’introduzione di piani di studio più rigidi.
La protesta porterà all’occupazione di numerose facoltà. A febbraio la circolare del ministro della Pubblica istruzione sui piani di studio viene sospesa. Nello stesso mese Luciano Lama, segretario della CGIL, si reca a Roma dagli studenti dell’Università occupata, invitandoli a terminare l’occupazione. Lama si presenta con un ingente servizio d’ordine, ma i giovani universitari lo costringono a lasciare l’Ateneo prima che finisca il suo discorso. L’Università verrà sgomberata poco dopo. Lama non gradisce la contestazione degli studenti che protestano contro l’ingresso del PCI nella maggioranza e le conquiste ambigue del sindacato.
Il movimento, da parte sua, non condivide la scelta di CGIL, CISL e UIL (svolta dell’EUR) di accettare il piano di austerità e di contenimento salariale proposto dalla Confindustria o da alcune forze politiche tra cui il PCI. Il movimento si stacca così dai sindacati e dalla sinistra considerandoli «colpevoli» di essersi schierati con lo Stato. La contestazione si trasforma presto in violenza e la repressione che ne consegue è altrettanto dura: l’11 marzo a Bologna durante uno scontro tra gli studenti di Comunione e Liberazione e quelli di estrema sinistra, un agente della polizia spara e uccide il militante di Lotta continua Francesco Lorusso. Il giorno dopo il sindacato organizza tre ore di sciopero e una manifestazione di protesta in piazza Maggiore, dove il servizio d’ordine del PCI impedisce l’accesso agli studenti. La manifestazione del 12 marzo a Roma è carica di tensione: un gruppo di autonomi lancia bottiglie molotov contro il comando dei carabinieri, contro due posti di polizia, contro banche e concessionarie FIAT.
La risposta della polizia non si fa attendere: i fermati saranno 126, di cui 31 in stato di arresto. Il grosso del movimento prende comunque le distanze dalla violenza dell’Autonomia organizzata condannandone gli atti durante le assemblee del movimento.
Il ministro dell’Interno Francesco Cossiga impone quaranta giorni di stato d’assedio durante i quali le manifestazioni sono proibite, pena l’intervento della polizia. A Roma il 12 maggio si tiene un sit-in in piazza Navona indetto dai radicali per la raccolta di firme per otto referendum abrogativi di leggi antidemocratiche. Cossiga continua a mantenere in vigore il divieto di manifestare, ma il sit-in si svolge ugualmente. Durante il pomeriggio la tensione è alta: lanci di lacrimogeni, colpi di pistola, raffiche di mitra. I manifestanti si spostano verso Trastevere e lungo il ponte Garibaldi. Giorgiana Masi, una ragazza di diciannove anni, viene colpita a morte dalla polizia. Dopo gli scontri di Bologna una squadra della polizia irrompe a Radio Alice (la più conosciuta della radio libere) che aveva dato l’annuncio della morte di Lorusso, la chiude e ne arresta i redattori. Il 19 marzo Franco «Bifo» Berardi, mente del Settantasette bolognese, riceve un mandato di cattura per associazione sovversiva e istigazione a delinquere.
Il 27 marzo radio Alice riapre grazie a un gruppo di intellettuali che ne rileva la testata. I microfoni delle radio libere sono la voce di un movimento che vuole che l’impegno politico invada le piazze, le case e che quindi non rimanga confinato all’interno di collettivi politici sempre più legati alla logica del potere. Nascono radio in tutta Italia, a Roma sorgono Radio città futura e Radio onda rossa, a Milano Radio popolare, a Padova Radio Sherwood. Il loro palinsesto è spesso precario, ricco di informazione e approfondimenti che risentono delle ultime notizie provenienti dalle piazze. Con questo spirito nascono anche alcune riviste tra cui: «OASK?! », «A/traverso», «Zut», «Pasquale» e la casa editrice Squi/libri.
La violenza nelle piazze continua e ha come teatro degli scontri la città di Torino, dove tra marzo e maggio si rafforza il terrorismo.
La situazione nella città piemontese è tesa e infatti nella città si riuniscono il consiglio comunale, quello provinciale e quello regionale per discutere di «proposte, richieste e iniziative per garantire l’ordine democratico e repubblicano contro lo squadrismo e contro l’eversione e per un piano di emergenza sulla condizione giovanile in Piemonte». Nelle settimane successive i disordini continuano e il 28 aprile le Brigate rosse uccidono Fulvio Croce, presidente dell’ordine degli avvocati di Torino. È un atto legato al processo che si terrà il 3 maggio al «nucleo storico» che vede coinvolti Renato Curcio e Alberto Franceschini. Al contempo è anche una nuova strategia delle BR per dimostrare l’inefficienza dello Stato di fronte alle azioni terroristiche. Il processo viene rinviato per l’impossibilità di formare una giuria popolare. Il 15 aprile viene approvata la riforma Malfatti, fatto che scatena una nuova ondata di occupazioni in scuole e università. Tra il 28 e il 30 aprile si tiene l’assemblea nazionale del movimento a Bologna dove all’ordine del giorno c’è la riflessione sull’isolamento politico del movimento. La linea dell’autonomia è quella di alzare il livello dello scontro e propone, per il primo maggio, di manifestare con un corteo alternativo a quello sindacale, ma l’idea non viene accettata dall’assemblea. Dopo un’estate molto tesa il movimento si ritrova a Bologna in un convegno nazionale in cui cercare di elaborare una proposta concreta, per uscire dall’isolamento e per porre fine all’escalation di violenza.
Al di là dei vari giudizi storiografici, il Settantasette fu un anno molto importante: molti cercarono di essere «altro» rispetto alle categorie della politica ufficiale; si cercò di dare a tutti una voce (ad esempio con i microfoni radiofonici aperti) e di essere liberamente informati. Non ci furono leader incontrastati, né strutture dirigenti stabili. Fu perciò difficile disciplinare il movimento, e le conseguenze furono forti contrasti interni, provocati soprattutto dalle diverse posizioni sulla legittimazione della violenza. Il convegno di Bologna non riuscì a elaborare una linea concreta, e tra le posizioni pacifiste e quelle combattenti si consumò in tal modo una irrimediabile frattura. Bologna segnò così l’esaurimento di un movimento ormai troppo lacerato al suo interno.
Se volete approfondire i fatti di Bologna dell’11 marzo 1977 potete farlo sfogliando il 23° volume de La Storia d’Italia – Dagli anni di piombo agli anni Ottanta nella biblioteca dell’Antica Frontiera.