Le poste italiane hanno ricordato tre volte il famoso aretino: la prima volta nel 1974, in occasione del quarto centenario della morte, con la prima serie dedicata all'arte, riproducendo il Palazzo degli Uffici da lui progettato; la seconda nel 1980, con l'emissione dedicata a Firenze e alla Toscana dei Medici e con l'opera "Cosimo I fra i suoi artisti", visibile ancora oggi in Palazzo Vecchio; la terza nel 2011, in occasione del quinto centenario della nascita, con lo splendido foglietto che raffigura l'affresco “San Luca dipinge la Vergine” che Giorgio Vasari realizzò intorno al 1565 nella Cappella dei Pittori della Basilica della SS. Annunziata a Firenze.
La repubblica di San Marino ha ricordato Giorgio Vasari nel 1997, con un francobollo natalizio che riproduce la grande tavola raffigurante L'adorazione dei Magi dipinta per i monaci olivetani di Scolca.
Le poste vaticane hanno emesso nel 2011 un aerogramma sul quale compare un autoritratto dell’artista, mentre sull’impronta è raffigurato un particolare della Battaglia di Lepanto, affresco realizzato dallo stesso Vasari e conservato presso la Sala Regia dei Musei Vaticani.
Le mani nei folti riccioli neri e la paura che anni di duro lavoro per rientrare nelle grazie del potente casato dei Medici, che lo aveva bandito, andassero definitivamente a farsi benedire. I timori di Giorgio Vasari (di cui l’anno scorso è ricorso il quinto centenario della nascita) mentre contemplava l’affresco che gli aveva commissionato papa Paolo III nel Palazzo della cancelleria, a Roma, non erano campati in aria. A detta di tutti quell’opera era una soverchia porcheria. Indegna per uno che mirava a diventare un artista di corte.
Era il 1544 e Vasari sapeva che nel secolo di Tiziano e di Michelangelo, il favoloso Cinquecento italiano, era dura dimostrare di essere più bravo degli altri col pennello e farsi largo nella buona società, soprattutto per lui che veniva dalla piccola Arezzo. E’ vero, per la Cancelleria gli avevano messo fretta: cento giorni (da cui il nome della sala che ospita l’opera). E lui era incappato nell’imperdonabile errore di affidare i cartoni preparatori dell’affresco a collaboratori giovani e inesperti, e non gli restava che recitare il mea culpa. Del resto, la fama postuma gli sarebbe venuta non per l’arte, ma per un libro: le Vite di oltre 160 maestri tra i “più eccellenti pittori, scultori e architettori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri“. Quanto a lui, rimase sempre sospeso tra l’apprezzamento di circostanza dei committenti e il disprezzo sincero dei suoi colleghi.
Crudel Giorgetto. Giorgio (nato il 30 luglio 1511) era il suo nome di battesimo, ma data la bassa statura e l’esile corporatura fu spesso storpiato in “Giorgino”. E Benvenuto Cellini, suo detrattore, arrivò a definirlo in un sonetto “l’impio bòtol” (un empio cagnetto ringhioso) e “crudel Giorgetto“. Ma come mai i suoi contemporanei lo detestavano? “Perché, pur essendo stato cacciato nel 1537 da Cosimo I de’ Medici, che lo considerava uomo privo di fermezza, venne poi richiamato a Firenze – sempre da Cosimo – nel 1554. E per venti lunghi anni, fino alla sua morte, fu il regista assoluto della cultura medicea” risponde Barbara Agosti, docente di Storia della critica d’arte all’Università di Roma Tor Vergata. “Chiunque potesse fargli ombra veniva subito liquidato. Il Bronzino, per esempio, che era il ritrattista ufficiale di casa Medici, fu allontanato appena lui mise piede nella corte”.
Per di più, Vasari non si faceva certo scrupoli a mettere mano al lavoro altrui. In un passo delle Ricordanze, le memorie in cui il Vasari annotò ossessivamente tutti i passaggi salienti della sua parabola artistica, durata quasi cinquant’anni, si legge: “Magnifico Messer Ottaviano de’ Medici mi fecie fare un quadro [...] bisognò contraffare un quadro che già gli aveva fatto Andrea del Sarto che lo Illustrissimo Duca Cosimo gli tolse. Così io lo finii[...]“. E’ la storia (un esempio tra tanti) di un odioso scippo artistico perpetrato ai danni di uno dei suoi maestri, Andrea del Sarto, con cui Giorgio aveva iniziato a lavorare a Firenze.
Versatile. Ma nell’anno che segue quello in cui si sono tenute le celebrazioni vasariane è giusto riconoscere a Giorgino anche qualche merito. Intanto, in senso artistico, fu uno e trino: pittore in primo luogo, ma anche architetto e scenografo, oltre che primo storico dell’arte. “Possiamo addirittura considerarlo il fondatore della storia dell’arte” dice l’esperta. “Nelle sue Vite il racconto parte dal ‘200, con Giotto e Cimabue, passando per il ‘400 di Brunelleschi, Donatello e Masaccio, fino alla sua epoca. L’epoca cioè in cui i canoni pittorici della “buona e bella maniera” trovarono i massimi interpreti in Leonardo da Vinci e Michelangelo. Mai nessuno aveva scritto un’opera del genere, che includeva non solo biografie di grandi geni ma anche di artisti che prima non erano considerati degni di essere trattati storicamente”.
Delle Vite esistono due edizioni. In quella datata 1550 Vasari parla solo degli artisti già morti, mentre in quella del 1568 inserì anche i viventi. Tra questi “Michele Agnolo” (così lo chiama) Buonarroti, per cui nutriva un’ammirazione sconfinata: “E’ veramente stata la lucerna che ha fatto tanto giovamento e lume all’arte della pittura, che ha bastato a illuminare il mondo, per tante centinaia d’anni in tenebre stato” si legge nel capitolo a lui dedicato. Il Vasari, dicono le cronache, si precipitò a Roma quando – il giorno di Natale del 1541 – fu inaugurata la Cappella Sistina affrescata dall’amico Michelangelo. E rimase letteralmente abbagliato da quello che vide. Al punto tale da volerlo imitare. Ma il confronto tra il Giudizio universale che Giorgino realizzò per la fiorentina Santa Maria del Fiore e quello michelangiolesco fu impietoso.
Vasari, comunque, qualcosa di bello secondo gli storici dell’arte lo dipinse: l’Immacolata concezione della chiesa fiorentina dei Santi Apostoli, il Battesimo di San Paolo a Roma, ilCristo in croce della chiesa di San Giovanni a Carbonara, a Napoli, e la pala con laDeposizione di Cristo che si trova nella Galleria romana dei Doria Pamphilj. Del resto era sempre pronto a cimentarsi in qualunque impresa. “Anche gli amici si stupivano della superattività di Vasari” commenta Barbara Agosti. “Viaggiava molto, per aggiornarsi professionalmente e per stabilire nuovi contatti: Bologna, Venezia, Verona, Mantova, Roma, Napoli. Da ogni viaggio ricavava informazioni preziose che poi avrebbe trasferito nelle Vite, che in effetti progettò una decina di anni prima della loro pubblicazione, già intorno al 1540″.
Se volete conoscere meglio la vita di Giorgio Vasari potete farlo sfogliando le pagine 8-14 del n. 59 di Focus Storia nella biblioteca dell’Antica Frontiera.