Il massimo navigatore genovese nacque tra l'agosto e l'ottobre 1451. Dopo aver lavorato in varie case commerciali genovesi, si stabilì a Lisbona, da dove nel 1482 compì un viaggio sulle coste della Guinea, nel corso del quale probabilmente maturò il progetto di raggiungere le Indie navigando verso ovest. Dopo aver tentato invano di sottoporre il suo disegno alla corte portoghese, si recò in Spagna. Qui, dopo lunghi anni di insistenza, riuscì a realizzare il suo progetto e a ottenere l'autorizzazione a tentare l'impresa. Salpato da Palos nell'agosto del 1492 al comando di una flotta composta di tre caravelle (Niña, Pinta e Santa Maria), sbarcò nell'ottobre a San Salvador, un'isola delle odierne Bahamas, convinto di essere arrivato in Giappone. Scoprì quindi altre isole, tra le quali Cuba e Hispaniola, e nel febbraio del 1493 tornò in Spagna. Nel settembre ripartì a capo di una flotta di diciassette navi e scoprì molte delle attuali piccole Antille, dove fondò varie colonie senza tuttavia riuscire a trovare l'oro di cui si favoleggiava. Ritornò allora in Spagna, lasciando nelle colonie il fratello Bartolomeo. Ripartì quindi nel 1498 per la terza volta ma, giunto a Hispaniola (Haiti), trovò la colonia in uno stato di rivolta che non riuscì a sedare; arrestato dall'ispettore spagnolo, fu inviato in Spagna, dove la regina Isabella lo fece subito liberare. Salpò a capo di una quarta spedizione nel 1502 e scoprì l'Honduras. I suoi viaggi aprirono la via all'esplorazione e alla colonizzazione del Nuovo mondo e cambiarono il corso della storia. Morì a Valladolid il 20 maggio 1506.
Le poste italiane hanno ricordato la figura del grande esploratore genovese con dieci distinte emissioni filateliche, quattro delle quali in occasione del quinto centenario della scoperta dell'America, nel 1992.
Il primo francobollo italiano dedicato a Cristoforo Colombo è del periodo del Regno e risale al 1938. Esso fa parte della serie "Proclamazione dell'impero": con un valore facciale da 30 centesimi l'esemplare bruno mostra l'esploratore sulla prua di una nave e la scritta "il più audace navigatore degli oceani".
La prima serie repubblicana legata in qualche modo a Colombo è quella del 1950 riguardante la Conferenza internazionale di radiodiffusione ad alte frequenze. Sui due valori da 20 e da 55 lire è possibile notare, insieme al palazzo della Signoria di Firenze e al castello di Rapallo, il monumento di Colombo che lo scultore italo-argentino Arturo Dresco inaugurò nella città ligure nel 1914.
L'anno seguente il quinto centenario della nascita di Colombo venne celebrato con un francobollo verde da 20 lire raffigurante lo sbarco dello scopritore del continente americano in un affresco di G.B. Carlone.
Il 1991 fu l'anno che precedette quello delle celebrazioni colombiane. In quell'occasione l'Italia diede alle stampe un dittico policromo i cui valori da 750 lire mostrano, nell'esemplare di sinistra, due velieri e la mano di Colombo sotto la scritta "buscar el levante por el poniente" (arrivare al Levante per la via di Ponente) e, nell'esemplare di destra, un ritratto del navigatore al cospetto dei sovrani di Spagna.
Il progetto delle celebrazioni colombiane, come si è detto, fu realizzato in grande stile e comportò l'uscita di ben quattro serie nel 1992. Il 24 aprile una prima emissione di quattro valori da 500 lire diede l'avvio alla manifestazione. I soggetti rappresentati sono la richiesta di aiuto a Isabella, il passaggio dell'Atlantico, l'avvistamento della terra e lo sbarco nel nuovo mondo. Il 2 maggio, per la 37ma emissione di Europa Cept, vennero stampati due valori da 750 e da 850 lire. Il primo mostra il monumento a Cristoforo Colombo che si trova nella città di Genova, mentre il secondo raffigura un globo e il simbolo dell'esposizione genovese. Il 22 maggio, in un'emissione congiunta con USA, Spagna e Portogallo, le poste italiane distribuirono sei foglietti contenenti complessivamente 16 francobolli con i seguenti soggetti: Colombo presenta i nativi (50 lire), Colombo rientra a Barcellona (100 lire), Colombo avvista la terra (200 lire), Colombo descrive la scoperta (300 lire), Colombo richiede gli aiuti a Isabella (400 lire), lo sbarco di Colombo (500 lire), bandiera e nave di Colombo (600 lire), Colombo a La Rabida (700 lire), Colombo ottiene gli aiuti (800 lire), la flotta di Colombo (900 lire), richiamo di Colombo (1000 lire), Isabella impegna i suoi tesori (1500 lire), Isabella e Colombo (2000 lire), Colombo racconta il terzo viaggio (3000 lire), Colombo in catene (4000 lire) e ritratto di Cristoforo Colombo (5000 lire). Infine, il 18 settembre, un'ultima serie di sei valori concluse le celebrazioni colombiane. I francobolli raffigurano: la casa di Colombo (500 lire), la partenza da Palos (600 lire), la carta geografica col tragitto del primo viaggio di Colombo (750 lire), Colombo che avvista la terra (850 lire), lo sbarco di Colombo (1200 lire) e un ritratto di Colombo, l'uomo vitruviano di Leonardo, "la furia" di Michelangelo e un ritratto di Michelangelo (3200 lire).
Gli ultimi due francobolli ricordati oggi sono rispettivamente del 1998 e del 2006. Il primo, da 1300 lire, è un'emissione congiunta con il Venezuela dedicata al 5º centenario dello sbarco di Cristoforo Colombo nel Paese sudamericano e all'esplorazione di Amerigo Vespucci, mentre il secondo, da 0,62 euro, è un esemplare raffigurante Cristoforo Colombo e le tre caravelle emesso per commemorare il 5° centenario della sua morte.
Una moneta con la testa di Augusto era stata trovata a “Tierra Firme”, argomentava l’umanista Lucio Marineo Siculo: veniva così dimostrato che l’America era stata parte dell’impero romano, anche se non era stata registrata come tale. Gonzalo Fernàndez de Oviedo, il primo storico regio delle Indie, affermava che gli indigeni americani erano realmente i superstiti di una diaspora di visigoti, benchè Colombo fosse stato il primo vero e proprio scopritore dell’America. Ben poche di queste asserzioni furono prese sul serio e nessuna fu impiegata come prova formale per accampare diritti sul territorio americano. Ma rendono bene il disperato bisogno di collegare i limiti geografici del vecchio impero a quelli dei nuovi.
Una strategia per salvaguardare l’immagine antica dell’impero stava nel dimostrare, come aveva fatto Sant’Agostino, che “tutto il mondo” non era altro che una sineddoche, e il suo senso poteva perciò essere esteso fino a coprire tutte le terre di recente scoperta e, a questo riguardo, ogni terra che potesse venire scoperta in futuro. O si poteva dimostrare, come più tardi asserì il cardinale Bellarmino (meglio noto come colui che tentò di convincere Galileo a tacere sulle prove da lui raccolte a favore dell’eliocentrismo copernicano), che “si può dire che queste province non appartengano al mondo”. Se passate a un attento esame, tuttavia, queste affermazioni cadevano entrambe: l’ipotesi della totale inclusività appariva inconsistente; il tentativo di escludere dalla definizione di “mondo” tutto tranne i tre continenti conosciuti dagli antichi non era solo qualcosa di analogo al gesto di ignorare la prova delle macchie solari. Privava anche l’impero delle sue legittime ragioni di occupare l’America, e del suo significato come agente dell’escatologia cristiana.
Se nulla di più efficace si riusciva a escogitare per contrastare la semplice esistenza della geografia, se ne potrebbe dedurre che la pretesa dell’impero a una sovranità mondiale, con la sua forza prescrittiva, era stata irrimediabilmente perduta. Come tema di teoria politica non sembra meritare più attenzione di quella che Grozio fu disposto a concedergli. Tuttavia l’occupazione spagnola de facto di quella che, allora, appariva come la parte più cospicua delle Americhe accrebbe quell’impero fino al punto che esso parve includere il “mondo intero”. Fin dal 1526 Gonzalo Fernàndez de Oviedo, attento al ruolo che si era dato di iniziatore di una storiografia del Nuovo Mondo, aveva tentato, con grande disapprovazione di Richard Hakluyt, di integrare l’America in una monarchia spagnola di dimensioni mondiali, “sola e universale sovrana del mondo”. C’è poco da stupirsi se, alla fine del Cinquecento, teorici politici millenaristi come il profeta calabrese Tommaso Campanella (1568-1639) e anche, sulla stessa linea, il più sobrio piemontese ed ex gesuita Giovanni Botero speculavano sulla possibilità che l’America fosse solo una tappa verso l’Asia, e che presto gli interrotti sogni imperiali di Colombo si sarebbero realizzati, con la Spagna dominatrice di quello che era stato l’impero del Gran Khan. “Il nome Cristoforo”, scrive Campanella, “andrebbe interpretato ‘colui che porta Cristo'” (un’interpretazione già data da Colombo medesimo) e in quanto Columbus, come Columba, Chiesa. E in un altro passo: “tutto il mondo sarà al vostro servizio” (Salmo 71, 11). Portando Cristo, e con lui l’Europa, in America, Colombo (Columba, il Christum ferens) aveva messo in moto un processo politico che un giorno avrebbe condotto a un mondo in cui, nella più ecumenica visione di Botero, “dal momento che tutti sarebbero sudditi di un solo principe, uno potrebbe viaggiare dappertutto con una sola lingua e una sola moneta”.
Se volete approfondire le scoperte di Cristoforo Colombo e le ideologie dell’impero in Spagna, Gran Bretagna e Francia dal 1500 al 1800 potete farlo sfogliando le pagine del libro di Anthony Pagden Signori del mondo nella biblioteca dell’Antica Frontiera.