Un esercito francese, sotto il comando nominale del generale Berthier (ma di fatto dello stesso Napoleone Bonaparte, divenuto Primo Console) scese in Lombardia attraverso il Gran San Bernardo e divise in due le truppe austriache del generale Melas. Convergendo poi a ovest, Bonaparte superò il Po e il 14 giugno 1800 si scontrò a Marengo, presso Alessandria con gli Austriaci. La battaglia vide dapprima un parziale successo degli Austriaci durante la mattinata: inferiori di numero i Francesi si trovarono con il lato destro esposto ai massicci attacchi dell'avversario tanto che la divisione di Watrin fu quasi annientata da quella del generale Ott e l'esercito francese fu costretto a ripiegare verso San Giuliano. Ma nel pomeriggio l'attacco frontale del generale Desaix, giunto con la divisione di Boudet, bloccò gli Austriaci sul cammino. Le cariche di cavalleria dei 400 uomini di Kellermann scompigliarono il fianco sinistro austriaco della colonna di Zach, e Bonaparte, con il grosso delle truppe, si spinse in avanti. Alla fine della giornata, dopo dodici ore di combattimenti, il successo dei Francesi era deciso. Gli Austriaci, in ritirata ripassarono la Bormida verso Alessandria dove l'indomani Melas firmava un armistizio che lo obbligava a ripiegare le sue truppe ad est del Ticino. I Francesi contarono 6000 tra morti e feriti e 2000 prigionieri mentre gli Austriaci 8000 caduti e 4000 prigionieri. Desaix, che fu l'eroe della giornata, cadde sul campo di battaglia colpito al petto. La vittoria di Marengo assicurava nuovamente (con la restaurazione della Repubblica Cisalpina decretata in Milano da Bonaparte il 16 giugno) il dominio francese sull'Italia settentrionale.
Per ricordare quella che fu senza dubbio una delle più importanti battaglie napoleoniche abbiamo scelto il francobollo che le Poste italiane emisero nel 2000 in occasione del bicentenario. L'esemplare da 800 l. / 0,41 € mostra la carica dei granatieri a cavallo, particolare dell'opera di Jacques Marie Gaston Oufray Debreville.
Tornato in Francia e conquistato il potere con il colpo di stato del 18 brumaio, Napoleone si pose il problema di riconquistare l'Italia perduta nella campagna che nel 1799 aveva consentito agli Austro-Russi di rioccuparla. Superato il valico del GRAN SAN BERNARDO, le forze francesi attaccarono alle spalle le truppe austriache impegnate a fronteggiare il generale Massena nei pressi di Genova. La manovra, inaspettata, permise a Napoleone il controllo di Milano e delle linee austriache di rifornimento. Presa posizione, i Francesi marciarono verso ALESSANDRIA con l'intenzione di dare battaglia al grosso delle forze avversarie comandate dal generale MELAS. Qui, a causa del tardivo e indeciso concentramento dei nemici, Napoleone dedusse erroneamente che questi stavano sfuggendo alla battaglia. Nella mattinata del 14 giugno Melas ordinò al suo esercito di attraversare il fiume Bormida, e ciò gli consentì di piombare nel mezzo dell'esercito francese che era a sua volta sparso nel tentativo di evi tare la presupposta fuga degli Austriaci. Questi erano ben equipaggiati e in buona forma fisica, come i Francesi, che tuttavia erano schierati in posizione non favorevole e in minoranza numerica.
Il primo movimento della giornata fu quello del generale DESAIX che marciò in direzione sud verso NOVI. La sera prima Bonaparte aveva ordinato che gli Austriaci dislocati lungo il fiume avrebbero dovuto essere ricacciati indietro e il ponte sul Bormida distrutto. Ma questi ultimi si difesero bene e il piano francese fallì. L’aiutante di campo Lauriston avrebbe dovuto comunicare la notizia a Napoleone ma la cosa non avvenne, o Napoleone capì male; in ogni caso tale incomprensione contribuì a formare l'errata opinione che il ponte fosse stato preso. Tre ore dopo la partenza di Desaix le avanguardie austriache si spinsero oltre il Bormida. Poi, dopo una fase di sporadici colpi di moschetto e di cannone, si dispiegarono in tre colonne e diedero il via all'attacco. Il comando napoleonico presso TORRE DI GAROFOLI considerò tale attacco un diversivo, e ciò rinforzò la convinzione che le divisioni guidate da LAPOYPE e BOUDET avrebbero dovuto essere spinte avanti lungo i fianchi delle posizioni operative dell'esercito francese. Quando l'armata austriaca fu completamente dispiegata, giunsero false informazioni di un attacco francese alle sue spalle. Melas allora distaccò in tutta fretta più di 2000 cavalleggeri e li mandò verso AQUI. Questa divisione delle forze ridusse la superiorità della cavalleria austriaca sul campo di battaglia di MARENGO.
A metà mattina cominciò l'assalto degli Austriaci, aiutato dal fuoco dell'artiglieria. L’azione fu inizialmente confusa, alcune delle pattuglie francesi furono separate dal grosso della formazione e solo molte ore dopo vi si ricongiunsero. Mentre il generale austriaco KAIM si portò a nord di Marengo, il francese LANNES ordinò l'avanzamento del generale di fanteria WATRIN aiutato dalla cavalleria e questa manovra ne impedì l'accerchiamento.
In quel mentre, non rispettando l'ordine di marciare verso Novi, Desaix ordinò a Boudet di fermarsi: solo cinquanta ussari furono mandati a sud con l'ordine di riferire ogni movimento di truppe che avessero visto nelle vicinanze. Di ritorno a Torre di Garofoli, Napoleone fu mortificato nell'apprendere da un osservatore che il ponte sul Bormida non era stato distrutto; ora tre delle sue quattro divisioni erano duramente impegnate intorno a Marengo e perciò egli vi si diresse arrivandovi intorno alle ore undici.
Arrivato sul posto, lo stato maggiore francese si rese conto di avere di fronte il grosso delle truppe austriache. Furono allora immediatamente diramati degli ordini a Lapoype e Desaix di ritornare indietro, mentre il fianco destro e quello sinistro dell'armata francese erano in grave pericolo. Dopo due ore di pesante combattimento a fuoco, folle di fuggitivi e di feriti lasciavano la linea del fronte. Sfortunatamente per gli Austriaci, la linea francese teneva ancora ed essi furono costretti a interrompere gli assalti per rifornirsi di munizioni e riordinare le fila. Ciò provocò un'interruzione dei combattimenti che si protrasse fino al primo pomeriggio.
Lontano, a sud, il generale SAVARY ritornò da Novi con la notizia che tutto era tranquillo. Immediatamente Desaix lo mandò a nord a riferire al comando in campo che le divisioni di Boudet erano state fermate e che stavano aspettando nuovi ordini. In quel momento gli Austriaci rinnovarono i loro assalti lungo tutta la linea francese, che ora iniziava a sfaldarsi sotto la pressione nemica.
Bonaparte cominciò a pensare a ipotesi di ritirata, arretrando in parte le sue truppe per prevenirne l'accerchiamento e il distacco dalle linee di rifornimento. Alle due del pomeriggio la divisione di MONIER cominciò il suo attacco, anche se il resto dell'armata francese stava iniziando a ritirarsi da Marengo. Il generale austriaco OTT fu costretto a rispondere, invece di muovere contro il fianco delle forze francesi in ritirata. La fanteria di Monier guidò la sua incredibile diversione a dispetto del fatto che aveva l'intera cavalleria del generale ELNITZ sul suo fianco destro. Alla sinistra di Monier, fra CASTEL CERIOLO e l'armata francese in ritirata, marciava la guardia consolare, che sostenne i terribili attacchi degli avversari.
Poco prima delle tre del pomeriggio Savary cavalcò fino al quartier generale francese con la notizia dell'imminente arrivo di Desaix. Quindi Desaix stesso raggiunse il Primo Console che lo incoraggiò a continuare nonostante le difficoltà fin qui incontrate. Intanto il generale Melas, stanco e ferito, si convinceva che il nemico era in rotta e cedeva il comando al capo di stato maggiore ZACH. Se a questo punto gli Austriaci avessero prontamente utilizzato la loro cavalleria per chiudere le truppe francesi prima dell'arrivo dei rinforzi, avrebbero vinto. Invece, eccessivamente fiduciosi nei loro mezzi, persero tempo nel tentativo di respingere le nuove forze avversarie in marcia verso il campo di battaglia. Questa manovra consentì all'esercito napoleonico di riorganizzarsi in una linea difensiva più solida, strutturata a scala, soprattutto sul fianco destro, il meno battuto dalle artiglierie austriache. Durante questa fase gli Austriaci ripresero la loro avanzata, decisi a conquistare gli obiettivi della giornata. Riunirono le artiglierie delle loro due ali che impegnarono i nemici in uno schieramento più ristretto, e la grande colonna di Zach cominciò a spingere in avanti con due brigate di fanteria, che formarono un fronte di due reggimenti di testa per conferire all'attacco maggiore efficacia. Ma presto il fronte destro della brigata guidata dal generale WALLIS si ritirò, non è chiaro se a causa del nemico o per ragioni precauzionali. Allora il generale Desaix mandò un'urgente richiesta verbale al suo comando per un attacco, chiedendo di essere supportato da una forte carica di cavalleria. Dopo una serie di veloci domande e risposte, Napoleone ordinò all'aiutante in campo Savary di cavalcare fino al comando della brigata di cavalleria del generale KELLERMANN posto nelle vicinanze, che avrebbe dovuto supportare l'assalto di Desaix. Napoleone stesso cavalcò fino alle posizioni di quest'ultimo per testimoniare l'importanza dell'iniziativa che doveva essere immediatamente messa in atto. Al segnale convenuto, Kellermann mise in movimento le poche centinaia di cavalieri di cui disponeva.
Intanto gli Austriaci, alla testa della colonna di sfondamento, sferrarono una devastante scarica di fucileria contro la divisione di Boudet uccidendo probabilmente Desaix (qualcuno avanza altre ipotesi sulle circostanze di questa morte) e causando una sbandata generale dello schieramento avversario. I pochi pezzi di artiglieria rimasti del generale MARMONT risposero provocando gravi danni all'artiglieria austriaca, anche per l'esplosione di un deposito di munizioni. In quel momento Kellermann e la sua cavalleria avevano raggiunto lo spazio tra le divisioni e superavano le artiglierie di Marmont subito dopo che queste avevano sparato. Quindi, incuneatosi tra l'artiglieria austriaca che faceva fuoco da destra e la colonna di Zach che spingeva a sinistra, Kellermann deviò metà dei suoi cavalleggeri sul suo fianco sinistro, generando nelle colonne avversarie un panico tanto più clamoroso quanto la manovra francese era inaspettata. Muovendo cioè contemporaneamente contro la cavalleria e la fanteria avversarie, Kellermann pose fine a ogni possibilità di comunicazione tra queste e generò nella seconda l'errata convinzione di trovarsi di fronte a migliaia di uomini. Solo così si spiega il fatto che gli Austriaci si siano dati clamorosamente a una fuga disordinata e abbiano perso una battaglia che fin lì avevano avuto in pugno.
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