Il 12 novembre 1942 ebbe inizio nei pressi di Guadalcanal l’omonima battaglia navale tra le forze giapponesi e quelle americane che sarebbe durata per tre giorni. La battaglia si concluse la mattina del 15 novembre e costò 242 morti agli Stati Uniti e 249 all'Impero giapponese. Sebbene gli Stati Uniti avessero perso più navi dell'Impero giapponese, questi non riuscì in due occasioni consecutive ad attaccare e annientare dal mare l'aeroporto sull'isola, che alla fine permise agli Stati Uniti di cogliere una vittoria strategica con la completa neutralizzazione dell'importante convoglio: le forze nipponiche su Guadalcanal andarono dunque incontro a una crisi logistica che già a dicembre rese la loro posizione insostenibile ancora a lungo; gli Stati Uniti per converso poterono rinfoltire e aumentare le proprie forze fino a eliminare, nel febbraio 1943, ogni presenza giapponese su Guadalcanal, cogliendo una fondamentale vittoria strategica.
Le Isole Salomone, di cui fa parte Guadalcanal, hanno dedicato varie serie e foglietti alla decisiva campagna che durante la Seconda Guerra Mondiale determinò il punto di svolta della guerra nel Pacifico. Di ogni emissione abbiamo pubblicato sopra le relative immagini corredate di didascalia.
Novembre fu un mese di cambiamenti per le sorti della campagna. L’area del Sud Pacifico fu assegnata a un nuovo comandante: l’ammiraglio Ghormley fu sostituito dall’ammiraglio William F. “Bull” Halsey. Sebbene Halsey avesse assunto il comando il 20 ottobre, non arrivò a Guadalcanal prima dell’8 novembre; con Halsey, tuttavia, arrivarono le truppe e i rifornimenti così necessari per conservare la presenza americana nell’area.
LA BATTAGLIA NAVALE PER GUADALCANAL
Il mese fu caratterizzato da pesanti azioni navali. I giapponesi allestirono quattro gruppi d’attacco navali per le operazioni di novembre. Due gruppi di bombardieri dovevano colpire il campo d’aviazione Henderson; un terzo doveva trasportare la 38a Divisione e il suo equipaggiamento a Guadalcanal; un quarto gruppo avrebbe funzionato in generale da forza d’appoggio. Le forze navali americane al comando di Halsey furono organizzate in due task force. Una era guidata dall’ammiraglio Turner e l’altra dall’ammiraglio Kinkaid. Queste forze, anche se limitate, avevano il compito di fornire appoggio e rifornimenti a Guadalcanal e di impedire che i giapponesi se ne impossessassero. L’ammiraglio Kinkaid, che disponeva di un maggior numero di navi da guerra, avrebbe provveduto alla copertura delle forze di Turner, composte da mezzi anfibi e trasporti. Il gruppo di Turner fu a sua volta diviso in tre gruppi: il primo, comandato dall’ammiraglio Scott, avrebbe trasportato i rinforzi a Guadalcanal; il secondo, comandato dall’ammiraglio Callaghan, avrebbe protetto il terzo gruppo. L’ammiraglio Turner avrebbe personalmente assunto il comando del terzo gruppo, che era composto principalmente da trasporti e portava rifornimenti e rinforzi essenziali per Guadalcanal. I gruppi raggiunsero l’isola e cominciarono le operazioni di rifornimento alle 05:30 del 12 novembre. Alle 10:35 aerei americani segnalarono una grossa forza navale giapponese, con corazzate, che si dirigeva verso Guadalcanal. Più tardi, nel pomeriggio, Turner, che aveva scaricato gran parte del suo carico, si ritirò dall’area e lasciò le forze di Callaghan e Scott a ingaggiare una battaglia con i nipponici. La forza giapponese avvistata consisteva delle corazzate Hiei e Kirishima, un incrociatore leggero e quattordici cacciatorpediniere. I loro ordini erano di neutralizzare il campo d’aviazione di Guadalcanal. Quando il campo non fosse stato più utilizzabile, i giapponesi avrebbero potuto trasportare in sicurezza le loro truppe sull’isola. Le navi giapponesi avevano i cannoni caricati con munizioni ad alto esplosivo per il bombardamento, invece, di munizioni perforanti; tutto ciò si tradusse in un vantaggio per gli americani quando le due forze iniziarono il combattimento. L’alto esplosivo riduceva l’efficacia dei cannoni giapponesi da 350 mm, perché i proiettili che sparavano non riuscivano sempre a penetrare la corazzatura degli incrociatori americani. In quella che sarebbe stata chiamata la prima battaglia per Guadalcanal, l’ammiraglio Callaghan condusse la sua inferiore forza di incrociatori contro la forza di corazzate giapponesi che doveva bombardare Henderson Field. Lo scontro principale avvenne di notte vicino all’isola di Savo. I radar di Callaghan avvistarono per primi le forze nemiche. Le avanguardie dei due schieramenti si mescolarono e la colonna americana penetrò nella formazione nipponica; poi cominciò un scontro selvaggio e disorganizzato. I giapponesi illuminarono gli incrociatori americani e aprirono il fuoco. Gli americani, inferiori numericamente, risposero al fuoco da tutte le direzioni e il combattimento degenerò in azioni singole, nave contro nave. Nella confusione, entrambi gli avversari spararono su navi amiche. Quando finì il combattimento, gli ammiragli Callaghan e Scott erano morti, ma i giapponesi erano stati respinti. Neppure una bomba nipponica aveva colpito Guadalcanal. Delle tredici navi americane coinvolte nel combattimento, dodici erano state affondate o danneggiate; i giapponesi invece avevano perduto una corazzata e due cacciatorpediniere, mentre quattro incrociatori erano stati danneggiati. Il 13 novembre, i giapponesi tentarono di portare rinforzi a Guadalcanal con una task force navale che includeva undici trasporti. Furono sorpresi alla luce del giorno seguente da aerei delle portaerei e da aerei a terra. Sette trasporti furono affondati e i rimanenti quattro continuarono verso Guadalcanal. Il giorno dopo furono scoperti sulla spiaggia a punta Tassafaronga, e lì furono distrutti in breve tempo dagli aerei americani, dall’artiglieria pesante e dal cannoneggiamento navale. Altrettanto importante quanto la distruzione dei trasporti fu la ritirata della forza d’appoggio che avrebbe dovuto bombardare il campo d’aviazione Henderson.
AZIONE A MATANIKAU: NOVEMBRE
La situazione stava migliorando anche sul terreno. Il 5° Marines guidò un attacco verso ovest che cacciò i giapponesi dall’area di Matanikau. Altri due reggimenti, il 2° Marines senza il suo 3° Battaglione, ma rinforzato dal l° Battaglione, 164° fanteria dell’esercito, continuarono l’avanzata e si fermarono appena prima di Kokumbona. Questo piano d’attacco verso ovest era sostanzialmente uguale a quello di tutti gli attacchi precedenti nella zona di Matanikau. Il 5° Marines, appoggiato da unità del Battaglione armi speciali della Divisione, avrebbe attaccato a ovest su un fronte di 1500 metri con due battaglioni affiancati. L’azione principale doveva avvenire lungo i rilievi a sud della costa. Sarebbero stati seguiti degli uomini del 2° Marines, arrivati da poco da Tulagi e per questo considerati truppe fresche adatte per avanzare lungo la pianura costiera. Per proteggere il lato sud, verso l’interno, il 3° Battaglione, 7° Marines, avrebbe operato in forze nell’area. Per preparare l’attacco, il l ° Battaglione del genio riuscì a costruire sul fiume tre ponti di fortuna. L’attacco, preceduto da un intenso bombardamento navale e di artiglieria e appoggiato da incursioni aeree, cominciò come previsto alle 07:00 del l ° novembre. Le avanguardie del 5° Marines attraversarono i ponti e si allargarono a ventaglio, addentrandosi tra le colline che sovrastavano la costa. Nell’area non trovarono una resistenza organizzata e l’avanzata continuò fino al primo pomeriggio con il 2° Battaglione, 5° Marines, che procedeva verso ovest lungo le alture. Mentre si spingevano avanti non incontrarono una resistenza decisa, ma persero presto il contatto con il l ° Battaglione, 5° Marines, che stava avanzando verso ovest lungo la costa a nord. Nell’avanzata il l ° Battaglione, 5° Marines, cominciò a incontrare la durissima resistenza delle truppe nipponiche asserragliate in trincee scavate in una ripida gola a sud. Per il resto della giornata, gli americani mantennero la posizione di fronte ai giapponesi e ricevettero di rinforzo il 3° Battaglione, 5° Marines. Il giorno successivo, il 2 novembre, i due battaglioni cominciarono movimenti di aggiramento che alla fine circondarono i giapponesi. Sul tardo pomeriggio, in un’azione indipendente, due compagnie del 3° Battaglione, 5° Marines, incontrarono la pesante resistenza di una folta forza giapponese concentrata tra la strada costiera e la spiaggia. Una della compagnie, la I Compagnia guidata dal capitano Erskine Wells, lanciò l’unica carica a baio netta documentata della campagna e travolse il nemico. Per annientare i giapponesi nella gola, furono chiamati semicingolati con cannoni da 75 millimetri, ma il terreno era troppo accidentato e i mezzi non riuscirono a schierarsi. La fase finale dell’attacco iniziò alle 08:00 del 3 novembre: il 2° Battaglione, 5° Marines, continuò ad attaccare finché i giapponesi nella gola non furono annientati; poi il l° Battaglione, 164° Fante ria, diede una mano a ripulire il terreno e aggirò le ultime sacche di resistenza. In questa azione i giapponesi ebbero duecentotrentanove morti.
L’OPERAZIONE A PUNTA KOLI
Sul lato opposto del perimetro, il 7° Marines e il resto del 164° Fanteria condussero un’offensiva verso est che allontanò i giapponesi dall’area di punta Koli. Questa azione fu sostenuta dal 2° Marines, al comando del colonnello Herman H. Hanneken. Il l ° novembre il battaglione fu trasportato a est del fiume Tenaru. Il mattino successivo gli uomini iniziarono una marcia forzata e, a sera, raggiunsero una posizione sulla spiaggia a est del fiume Metapona, dove si sistemarono in trincee. Quella notte i giapponesi riuscirono a sbarcare un battaglione di fanteria, la cui missione era di mettersi in contatto con le forze amiche sopravvissute e studiare la possibilità di allestire un campo d’aviazione nella regione. Cominciò a cadere una pioggia torrenziale che mise fuori uso le radio dei Marines, perciò Hanneken non poteva avvisare i suoi superiori a punta Lunga che i giapponesi erano sbarcati nella zona. La battaglia cominciò all’alba del giorno successivo, 3 novembre, quando una pattuglia nipponica si imbatté nelle linee dei Marines. All’inizio i giapponesi non risposero con energia ma, quando si ripresero dalla sorpresa, cominciarono a bombardare il battaglione di Hanneken con un pesante e accurato fuoco d’artiglieria. Con i mezzi di comunicazione ancora fuori uso e senza armamento a disposizione, Hanneken ingaggiò una battaglia di disimpegno. Stabilì una posizione dall’altra parte del fiume Metapona, che scorreva alle sue spalle. L’operazione, nonostante avvenisse allo scoperto, sotto gli occhi degli attaccanti giapponesi, ebbe successo e fu costruita una nuova linea difensiva. Ma prima che la situazione potesse essere stabilizzata, un piccolo gruppo di giapponesi, sbarcato la notte precedente, attaccò Hanneken alle spalle. All’incirca in quel momento, le comunicazioni furono temporaneamente ristabilite e il posto di comando della Divisione fu informato della loro difficile situazione. Tre eventi occuparono la loro attenzione: l’attacco a ovest del Matanikau del 5° Marines, la difficile situazione di Hanneken e lo sbarco di una forza di ricognizione dei Marines ad Aola per il rilevamento topografico per un campo di aviazione. Per alleggerire la pressione su Hanneken, Vandegrift lo rinforzò con il l ° Battaglione, 7° Marines, più elementi di comando del 7° Marines e ordinò un’incursione aerea. Questa, tuttavia, si rivelò un disastro perché gli aerei bombardarono e mitragliarono per errore il battaglione di Hanneken. Nel frattempo Hanneken non era stato in ozio. Lanciò un attacco contro la forza giapponese alle sue spalle, poi si ritirò di nuovo per stabilire una posizione a ovest del fiume Nalimbu. Hanneken resse con l’assistenza dell’artiglieria dei Marines e del cannoneggiamento navale. Poi stabilì una piccola testa di sbarco, usata per portare a terra gli elementi di comando del 7° Reggimento Marines, insieme con il 1° Battaglione, 7° Marines, comandato da Puller. Il 4 novembre entrambi i battaglioni cominciarono ad avanzare verso est sotto la copertura dell’artiglieria e del cannoneggiamento navale. La loro azione fu rinforzata dal 164° fanteria (meno il suo P Battaglione). Il comando generale dell’operazione fu affidato al generale Rupertus, vice comandante della 1ª Divisione Marines. Il 6-7 novembre, dopo un difficile spostamento attraverso la giungla, il 164° Reggimento si ricongiunse ai Marines. Poi iniziarono l’avanzata verso est. Non incontrarono resistenza mentre i giapponesi prendevano posizione a est del fiume Metapona per permettere al grosso della forza di fuggire. Per il 9 novembre le forze americane avevano di nuovo localizzato i giapponesi e iniziarono a circondarli. Nei giorni successivi tutti i tentativi nipponici di spezzare l’assedio furono sventati e Marines e fanteria, appoggiati dall’artiglieria, incominciarono a stringere la sacca. Entro il 12 novembre avevano completato la loro missione. In questa azione finale a est gli americani ebbero quaranta morti e centoventi feriti; i giapponesi persero più di quattrocentocinquanta uomini.
L’OPERAZIONE AOLA
Per intercettare eventuali forze nipponiche che si fossero sganciate, il generale Vandegrift chiese all’ammiraglio Turner di lasciare il controllo operativo del 2° Battaglione Raiders, che aveva tenuto di riserva per un’altra operazione. Gli uomini furono sbarcati ad Aola per condurre un epico pattugliamento da quella regione fino all’area del monte Austen. L’operazione iniziò il5 novembre. La missione principale consisteva nel pattugliare aggressivamente l’area del monte Austen, distruggendo ogni pezzo di artiglieria a lunga gittata che potessero localizzare. I soldati dovevano inoltre individuare e pattugliare delle piste che si supponeva conducessero oltre il monte Austen procedendo dal sud, nonché le piste che congiungevano il monte Austen a Kokumbona. Aerei da carico li avrebbero riforniti periodicamente da Henderson Field. Nei trenta giorni successivi i Raiders distrussero numerosi pezzi di artiglieria e uccisero 488 giapponesi, perdendo sedici uomini con diciotto feriti, ma non riuscirono a individuare alcune delle supposte reti di piste ed entrarono nel perimetro Lunga il 4 dicembre.
LA SECONDA BATTAGLIA NAVALE PER GUADALCANAL
Dopo aver riorganizzato le loro forze navali, i giapponesi cominciarono a preparare un’altra operazione navale di rinforzo. In questa seconda Batta glia Navale per Guadalcanal, l’ammiraglio Halsey ordinò al contrammiraglio Willis A. “Ching” Lee di condurre le sue corazzate Washington e South Dakota e quattro cacciatorpediniere a intercettare i giapponesi. Le due forze vennero a contatto e, nel corso di un aspro scontro navale, i giapponesi furono costretti a ritirarsi.
LA BATTAGLIA DI TASSAFARONGA
L’ultima azione navale di novembre fu la battaglia di Tassafaronga. Nel tentativo di rifornire le forze giapponesi, fu organizzato un “Tokyo Express” formato da cacciatorpediniere per un veloce passaggio. Le navi dovevano lasciar cadere i rifornimenti sigillati in fusti impermeabili mentre correvano paralleli alle linee giapponesi e la marea avrebbe sospinto a terra i fusti. In realtà soltanto un terzo dei rifornimenti raggiunse le truppe giapponesi e l’ammiraglio Tanaka fu intercettato da una task force americana, comandata dal contrammiraglio Carleton H. Wright. Nella battaglia che ne seguì, nella quale entrambe le parti persero un cacciatorpediniere, i giapponesi furono di nuovo respinti. Alla fine del mese di novembre i giapponesi avevano ormai perso il controllo delle acque intorno a Guadalcanal.
Se volete approfondire lo scontro che costituì una vittoria strategica per gli Stati Uniti e che ebbe un’importanza decisiva sull’esito finale della campagna di Guadalcanal potete farlo sfogliando il volume de Le grandi battaglie della seconda guerra mondiale – Dalla sconfitta alla vittoria – Il contrattacco dei Marines nella biblioteca dell’Antica Frontiera.