Scrittore statunitense nato a Oak Park il 21 luglio 1899, giornalista, durante la prima guerra mondiale fu volontario nelle unità sanitarie statunitensi in Italia e fu ferito; fu successivamente corrispondente per lo Star Weekly di Toronto a Parigi, dove frequentò G. Stein e i protagonisti della cosiddetta lost generation (E. Pound, J. Joyce, P. Picasso, ecc.), gruppo di intellettuali disillusi dalle tragiche vicende della guerra. Dopo alcuni racconti (Nel nostro tempo, 1924), pubblicò nel 1926 Il sole sorge ancora (in Gran Bretagna e nella traduzione italiana, Fiesta), che già rivela appieno il suo stile conciso e immediato e quella particolare struttura narrativa che attraverso il largo impiego del dialogo e lo scarso intervento del narratore tende a dare una rappresentazione oggettiva della vicenda e dei personaggi. Seguirono alcuni nuovi racconti (Uomini senza donne, 1927, Le nevi del Kilimangiaro, 1927, poi confluiti con altri nei Primi quarantanove racconti, 1938), i romanzi Addio alle armi (1928), incentrato sull'esperienza della guerra in Italia, Avere e non avere (1937), Per chi suona la campana (1940), sulla guerra civile spagnola, col quale giunse all'apice della celebrità e, dopo un lungo periodo di silenzio, Il vecchio e il mare (1952), che con Isole nella corrente (1969) è frutto della lunga residenza di Hemingway a Cuba. Il definitivo riconoscimento della sua attività di scrittore e della sua importanza nel panorama letterario contemporaneo si ebbe con l'assegnazione nel 1954 del premio Nobel per la letteratura. Altre opere: Morte nel pomeriggio (1932), Verdi colline d'Africa (1935), Di là dal fiume e tra gli alberi (1950), Festa mobile (1964). Morì suicida a Ketchum, nell'Idaho, il 2 luglio 1961.
Per ricordare il grande scrittore statunitense abbiamo scelto il bel francobollo da 25 centesimi a lui dedicato che le poste USA emisero nel 1989. L'esemplare raffigura un primo piano di Hemingway in una foto del 1957 e sullo sfondo alcuni impala galoppanti nella pianura africana.
Era un vecchio che pescava da solo su una barca a vela nella Corrente del Golfo ed erano ottantaquattro giorni ormai che non prendeva un pesce.
Nei primi quaranta giorni lo aveva accompagnato un ragazzo, ma dopo quaranta giorni passati senza che prendesse neanche un pesce, i genitori del ragazzo gli avevano detto che il vecchio ormai era decisamente e definitivamente salao, che è la peggior forma di sfortuna, e il ragazzo li aveva ubbiditi andando in un’altra barca che prese tre bei pesci nella prima settimana. Era triste per il ragazzo veder arrivare ogni giorno il vecchio con la barca vuota e scendeva sempre ad aiutarlo a trasportare o le lenze addugliate o la gaffa e la fiocina e la vela serrata all’albero.
La vela era rattoppata con sacchi da farina e quand’era serrata pareva la bandiera di una sconfitta perenne. Il vecchio era magro e scarno e aveva rughe profonde alla nuca. Sulle guance aveva le chiazze del cancro della pelle, provocato dai riflessi del sole sul mare tropicale. Le chiazze scendevano lungo i due lati del viso e le mani avevano cicatrici profonde che gli erano venute trattenendo con le lenze i pesci pesanti. Ma nessuna di queste cicatrici era fresca. Erano tutte antiche come erosioni di un deserto senza pesci.
Tutto in lui era vecchio tranne gli occhi che avevano lo stesso colore del mare ed erano allegri e indomiti.
“Santiago” gli disse il ragazzo mentre risalivano la riva dal punto sul quale era stata sistemata la barca.
“Potrei ritornare con te. Abbiamo guadagnato un po’ di quattrini.”
Il vecchio aveva insegnato a pescare al ragazzo e il ragazzo gli voleva bene.
“No” disse il vecchio. “Sei su una barca che ha fortuna. Resta con loro.”
“Ma ricordati quella volta che sei rimasto ottantasette giorni senza prendere pesci e poi ne abbiamo presi di enormi tutti i giorni per tre settimane di seguito.”
“Ricordo” disse il vecchio. “Lo so che non è perché dubitavi di me, che mi hai lasciato.”
“È stato papà, che mi ha costretto a lasciarti. Sono un ragazzo e devo ubbidire.”
“Lo so” disse il vecchio. “È assolutamente normale.”
“Lui non ha molta fiducia.”
“No” disse il vecchio. “Ma noi sì. Vero?”
“Sì” disse il ragazzo. “Posso offrirti una birra alla Terrazza? E poi portiamo la roba a casa.”
“Perché no?” disse il vecchio. “Tra pescatori.”
Sedettero sulla terrazza e parecchi pescatori canzonarono il vecchio e lui non si offese. Altri, pescatori più vecchi, lo guardarono e si sentirono tristi. Ma non lo mostrarono e parlarono con garbo della corrente e a che profondita avevano gettato le lenze e del bel tempo stazionario e di ciò che avevano visto. I pescatori fortunati di quel giorno erano già rientrati e avevano già squartato i loro marlin e li avevano trasportati distesi su due assi, con due uomini barcollanti all’estremità di ogni asse, al magazzino dei pesci dove aspettavano l’autocarro frigorifero che li portasse al mercato all’Avana.
Coloro che avevano preso pescecani li avevano portati allo stabilimento sull’altra riva della baia dove li avevano issati alle carrucole per togliere il fegato, tagliare le pinne e scuoiare le pelli e ridurre la carne a strisce per metterla sotto sale.
Quando il vento veniva da est, dallo stabilimento giungeva l’odore attraverso il porto; ma oggi lo si sentiva soltanto vagamente perché il vento era indietreggiato a nord e poi si era smorzato e sulla terrazza si stava bene e c’era il sole.
“Santiago” disse il ragazzo.
“Sì” disse il vecchio. Stava stringendo il bicchiere fra le mani e pensava a tanti anni fa.
“Posso andare a cercarti le sardine per domani?”
“No. Va a giocare al baseball. Sono ancora in grado di remare e Rogelio getterà la rete.”
“Andrei volentieri. Se non posso pescare con te vorrei almeno esserti utile in qualche modo.”
“Mi hai comprato una birra” disse il vecchio. “Sei già un uomo.”
“Quanti anni avevo la prima volta che mi hai preso sulla barca?”
“Cinque, e a momenti venivi ucciso perché ho issato il pesce troppo presto e lui ha quasi fatto a pezzi la barca. Ricordi?” “Ricordo la coda che sbatteva e rintronava e il banco che si è spaccato e il frastuono delle mazzate. Ricordo che mi hai gettato a prua tra le lenze addugliate fradicie e ho sentito tutta la barca rabbrividire e il frastuono che facevi mentre lo prendevi a mazzate come quando si abbatte un albero, e l’odore dolce del sangue che avevo addosso.”
“Te lo ricordi davvero o è perché te l’ho raccontato?”
“Ricordo tutto, dalla prima volta che siamo andati insieme.”
Il vecchio lo guardò con gli occhi bruciati dal sole, pieni di fiducia e di affetto.
“Se tu fossi mio figlio ti porterei fuori a tentare” disse. “Ma sei figlio di tuo padre e di tua madre e hai trovato una barca fortunata.”
“Posso procurarti le sardine? So anche dove potrei procurarti quattro esche.”
“Mi sono avanzate quelle di oggi. Le metterò nel sale nella scatola.”
“Lascia che te ne dia quattro fresche.”
“Una” disse il vecchio. La speranza e la fiducia non l’avevano mai lasciato. Ma ora si rafforzavano come quando sorge il vento.
Questo è l’incipit del romanzo di Ernest Hemingway Il vecchio e il mare, pubblicato per la prima volta sulla rivista Life nel 1952. Grazie a questo libro Hemingway ricevette il premio Pulitzer nell’anno 1953 e il premio Nobel nell’anno 1954. Se volete continuare a leggerlo potete trovarlo nella biblioteca dell’Antica Frontiera.