La Polonia ha ricordato con sei diverse emissioni questo fondamentale momento della sua Storia che purtroppo, dopo due mesi di eroici combattimenti, si concluse con la rappresaglia nazista che portò alla distruzione totale della città e alla deportazione della popolazione.
Il primo francobollo, che rappresenta tre combattenti sulle barricate e dal valore facciale di 1+2 zloty, fu emesso il 3 febbraio 1945 dal governo polacco in esilio a Londra, a soli quattro mesi dalla resa e quando l'Armata Rossa aveva ormai preso possesso delle macerie di Varsavia.
La seconda emissione, da 60 groszy, è del 1964 e celebra il ventesimo anniversario della rivolta. Il francobollo raffigura, con una grafica più stilizzata, altri insorti mentre sparano e lanciano granate.
Nel 1984, in occasione del quarantesimo anniversario, le poste polacche hanno emesso una serie di ben quattro valori che immortalano foto dell'epoca: il 4 zloty con un gruppo di rivoltosi all'appello, il 5 zloty con il timbro dei boy-scout e un giovane esploratore mentre consegna la posta militare, il 6 zloty con gli insorti che combattono e il 25 zloty con il simbolo della croce rossa e un ferito che viene curato.
Nel 1991, in occasione dell'80° anniversario dell'associazione polacca dei boy-scout, venne emessa una serie commemorativa di quattro valori. Quello da 3500 zloty raffigura un membro dell'associazione scout Szare Szeregi (Ranghi grigi) durante la rivolta.
Il primo agosto 1994 un esemplare da 2500 zloty raffigurante una coccarda a forma di aquila con un nastro biancorosso fu emesso per celebrare il cinquantenario della rivolta.
L'ultima emissione risale a cinque anni fa e fu emessa per commemorare il 65° anniversario della sanguinosa insurrezione popolare. Si tratta di un foglietto con un francobollo da 3,75 zloty che raffigura un palazzo nel momento in cui viene centrato da una bomba.
Prima fra terre a Est dello “spazio vitale” della Germania, la Polonia subisce non solo la repressione, il saccheggio e lo sfruttamento: il suo territorio deve essere libero dai nativi per fare posto ai nuovi coloni tedeschi che, finita la guerra, “germanizzeranno” la terra polacca, perché, come ha detto Hitler nelMein Kampf: “Si può germanizzare una terra, mai gli uomini”. E in questa logica (che porterà, secondo alcune fonti, a quattro milioni e duecentomila il numero dei morti fra i civili polacchi) il Führer dirà al neonominato governatore generale di Polonia, Hans Frank, che il lavoro che la Germania si aspetta da lui non è quello di costruire bensì quello di distruggere. Quei pochi polacchi che sopravviveranno dovranno, nei piani del Führer, vivere come servi della gleba, dipendenti in tutto e per tutto dai dominatori tedeschi, nella miseria e nell’ignoranza assoluta. Per questo motivo i Tedeschi, contemporaneamente ad altre misure ferocemente repressive, si occupano subito della cultura e dell’intellighenzia polacche. Nel novembre del 1939 vengono chiuse tutte le scuole (tranne quelle elementari e qualche istituto di apprendistato tecnico), vengono soppresse dai programmi di studio alcune materie (lingua polacca, storia, geografia), sono chiusi i teatri e anche la radio. Molte personalità del campo medico, artistico, religioso sono arrestate, e subiscono la stessa sorte, il giorno di apertura dell’anno accademico, tutti i professori dell’antica Università di Cracovia. Monumenti storici e perfino interi palazzi sono distrutti per cancellare anche il ricordo visivo di un’identità nazionale.
In questo clima uno degli episodi più singolari della Resistenza civile polacca è l’organizzazione clandestina di corsi scolastici. A livello elementare significa affiancare alle lezioni ufficiali dei corsi (chiamati komplety) in cui vengono studiate le materie abolite (lingua, storia, geografia). Ma non ci si ferma a questo: komplety sono organizzati per liceali (sono quasi diciottomila gli studenti che conseguono durante l’occupazione nazista la maturità clandestina) e riprendono perfino le lezioni universitarie. Ogni studente deve prestare giuramento, assicurando di seguire le direttive estremamente rigide in fatto di segretezza, e lo stesso è richiesto alle migliaia di docenti volontari. Pur tenendo conto di queste precauzioni ha dell’incredibile, in quel regno del terrore, che un’iniziativa così potesse funzionare. Eppure durerà fino alla fine dell’occupazione nazista e uno dei capi della Resistenza polacca, Kozniewski, dirà: “L’insegnamento clandestino a tutti i livelli degli studi costituisce il lavoro più ammirevole compiuto dalla società polacca. Né i volantini, né gli attentati, né i sabotaggi sono stati fecondi quanto quest’ultima manifestazione della coscienza nazionale. Essa infatti ha salvato la nostra società da una catastrofe almeno uguale a quella della distruzione di Varsavia: la perdita di cinque classi di diplomati, ingegneri, architetti, medici, professori”.
Anche altri aspetti della Resistenza polacca mostrano l’eroismo e la tenacia della popolazione. Accanto al lavoro quotidiano di non-collaborazione (sul lavoro e in ogni campo) nasce una Resistenza armata che organizza attentati e sabotaggi; non mancano gli episodi eroici, e insorgono popolazioni intere, come quella di Varsavia.
Nell’aprile del 1943, durante un rastrellamento tedesco, nel ghetto della città esplode la guerriglia: per ventotto giorni e ventotto notti un gruppo di combattenti della Resistenza ebraica, sostenuti dalla popolazione disperata, tengono testa alla Wehrmacht e alle SS del generale Jürgen Stroop. Le condizioni di vita della comunità ebraica sono più che disumane: i Tedeschi hanno a mano a mano spostato i confini del ghetto e gli Ebrei, che sono il 30% della popolazione cittadina, vivono ora in un’area che è solo la ventunesima parte dello spazio della città (una media di circa tredici persone per vano). La fame dilaga: le professioni e i mestieri precedenti sono stati vietati e quel poco di lavoro permesso (subito accaparrato dai più fortunati) è un lavoro da schiavi e pagato una miseria. Le malattie mietono i deboli (anziani e bambini): la mortalità, nel corso del 1942, è arrivata al 159 per mille. Alla fine dell’insurrezione la comunità ebraica di Varsavia è sterminata.
Il 1° agosto dell’anno successivo c’è la sollevazione di tutta la città che resisterà ai Tedeschi fino al 3 ottobre: la rappresaglia è la distruzione quasi completa di Varsavia e la deportazione e lo sterminio della popolazione.
Se volete approfondire le vicende che portarono all’insurrezione degli abitanti di Varsavia e alla successiva distruzione della città potete farlo sfogliando le pagine del libro Hitler e il Terzo Reich – Nazismo: storia di una lucida “follia” nella biblioteca dell’Antica Frontiera.