Partigiani (Agostino, Aldo, Antenore, Ettore, Ferdinando, Gelindo e Ovidio) appartenenti a una famiglia di coltivatori della campagna emiliana, dopo l'8 settembre 1943 parteciparono alla Resistenza, fra le file comuniste, dando aiuto a prigionieri alleati e a italiani fuggiaschi. Arrestati il 25 novembre 1943, furono condannati a morte e fucilati il 28 dicembre nel poligono di tiro di Reggio Emilia.
La loro storia è stata raccontata, fra gli altri, dal padre Alcide Cervi, morto nel 1970 all'età di 95 anni. Alla consegna di una medaglia d'oro conferitagli per il suo impegno partigiano e per quello dei suoi figli Alcide pronunciò un discorso di cui sono ancora ricordate queste parole: "Mi hanno sempre detto… tu sei una quercia che ha cresciuto sette rami, e quelli sono stati falciati, e la quercia non è morta… la figura è bella e qualche volta piango… ma guardate il seme, perché la quercia morirà, e non sarà buona nemmeno per il fuoco. Se volete capire la mia famiglia, guardate il seme. Il nostro seme è l'ideale nella testa dell'uomo."
Per commemorare l'uccisione dei sette fratelli abbiamo scelto il francobollo che le poste italiane emisero nel 1993 in occasione del 50° anniversario dell'eccidio. L'esemplare da 750 lire raffigura, con una grafica essenziale al tratto, i volti dei fratelli Cervi in un campo ricco di messi sotto cui è riportata la frase: "dopo un raccolto ne viene un altro, papà Cervi".
Tipica famiglia patriarcale contadina, ma allo stesso tempo moderna, i Cervi erano composti dal padre Alcide, dalla madre Genoveffa Cocconi, dai figli Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio, Ettore, assieme alle figlie Diomira e Rina. Originari di Campegine, si erano trasferiti in diversi fondi nelle campagne reggiane, fino ad approdare nel 1934 al podere Campi Rossi, nel comune di Gattatico, che condussero secondo criteri avanzati.
Forte l’impegno politico: da una religiosità di stampo cristiano, mai rinnegata negli anziani genitori, si sviluppò, soprattutto nei figli, ed in particolare in Aldo, l’ideologia comunista, in una originale sintesi di due messaggi tendenti entrambi all’emancipazione sociale. Fieramente antifascisti, subirono per tutto il ventenni o la persecuzione del regime. Furono contro l’intervento fascista in Spagna a favore di Franco e, ancor più, contro la politica filo-tedesca che portò l’Italia nella Seconda Guerra Mondiale. Tra i primi ad aderire alla Resistenza, dopo 1’8 settembre 1943 favorirono la fuga di alcuni prigionieri alleati dal campo di Fossoli, che nascosero nella loro casa assieme ai soldati italiani sbandati o a dirigenti antifascisti, tipico esempio di una resistenza non armata senza la quale la resistenza militare non avrebbe potuto sopravvivere e diffondersi. Allo stesso tempo, però, con un colpo di mano sottrassero armi da una caserma dei Carabinieri di Reggio.
I sette fratelli Cervi, trasferitisi sull’Appennino, organizzarono, assieme ad altri antifascisti e ad alcuni ex prigionieri alleati, una banda partigiana che prese il loro nome, prima formazione del reggiano, e che compì azioni di disarmo, sabotaggio, guerriglia. La prima azione del gruppo, il disarmo del presidio dei Carabinieri di Toano, avvenne il 26 ottobre. Seguì, il 6 novembre, il disarmo del presidio dei Carabinieri di San Martino in Rio e, il 13 dello stesso mese, la tentata eliminazione del segretario del PFR di Reggio Emilia, Giuseppe Scolari. Rimasto isolato e senza rifornimenti, il gruppo, pur continuando le azioni militari, fu costretto a tornare in pianura. Catturati presso la propria abitazione il 25 novembre 1943, i sette fratelli Cervi furono arrestati dai militi della GNR, per essere tradotti prima nella sezione politica del carcere dei Servi a Reggio Emilia e poi nel carcere di San Tommaso a Panna. Furono fucilati assieme a Quarto Camurri al poligono del capoluogo reggiano il 28 dicembre, come ritorsione per l’uccisione del segretario del PFR comunale di Bagnolo in Piano, avvenuta il giorno precedente.
Incarcerato insieme ai figli, Alcide Cervi riuscì a ritornare a casa solamente nel gennaio 1944 grazie ad un bombardamento che colpì l’edificio in cui era tenuto prigioniero. Sua moglie non riuscì a superare il dolore per la distruzione del nucleo familiare e morì, ad un anno di distanza dall’eccidio, il 15 novembre 1944.
da visitare
Il Museo Cervi (Gattatico, Reggio Emilia), allestito nella casa colonica di famiglia, sui Campi Rossi, il podere dei Cervi a metà strada tra Panna e Reggio Emilia. È un museo della Resistenza e della storia del movimento contadino, sviluppatosi attorno ad una prima donazione del padre, Alcide Cervi, di una raccolta di ricordi e testimonianze riguardanti i figli fucilati nel dicembre 1943.
Gestito dall’Istituto Alcide Cervi, oltre alle attività didattiche ed espositive, il Museo è al centro di iniziative di ricerca tra cui ricordiamo la pubblicazione degli Annali. Ospita una biblioteca e una videoteca. È in progetto, nel terreno attorno al Museo, il recupero delle tipiche colture degli inizi del ‘900, tra cui la piantata reggiana (l’olmo maritato alla vite).
Se volete approfondire la storia dei fratelli Cervi potete farlo sfogliando le pagine del libro Percorsi della Memoria 1940-1945 la storia, i luoghi nella biblioteca dell’Antica Frontiera.