Film vertice della carriera del grande regista americano, l'ultimo in cui interpretò il vivace vagabondo Charlot, "Tempi Moderni" venne proiettato per la prima volta al Teatro Rivoli di New York il 5 febbraio 1936. Una satira efficace sull'alienazione dell'uomo nei confronti della macchina, i cui movimenti rimangono estranei al processo di produzione nell'era della industrializzazione. Scettico per quanto riguarda l'avvento del sonoro, benchè ampiamente in uso all'epoca, Chaplin decise di girare il film parzialmente muto, se si escludono i rumori delle macchine e la voce del protagonista che canta la canzone 'non sense' 'Je cherche après Titine'. Quello che spicca nella narrazione della storia è la mancanza di espressività nei direttori e nei lavoranti all'interno delle fabbriche che viene ridicolizzato dalla gioia dei protagonisti. Un film sugli aspetti più scomodi della modernità e sullo sfruttamento sociale dell'era capitalistica, inserito nel 1989 nella National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.
Per ricordare l'immortale pellicola di Chaplin abbiamo scelto il francobollo calcografico da 750 lire che le Poste italiane dedicarono al grande attore londinese nel 1989, in occasione del centenario della sua nascita. La vignetta mostra in primo piano un ritratto di Charlot, il più celebre personaggio da lui interpretato, e sullo sfondo la scena finale del film "Tempi moderni", in cui si vedono a braccetto Charlie Chaplin e Paulette Goddard che si allontanano.
L’uomo che chiamavamo Charlie, Charlot, Carlito nasce in una famiglia di guitti nel 1889 a Londra. Orfano di padre a cinque anni, lavora nel circo, nei cabaret come fantasista. Nel ’10 emigra con il fratello negli Stati Uniti. Nel ’12 Lo nota Mack Sennett (1880-1960), direttore artistico della Keystone, scopritore di divi del muto come Buster Keaton (1896-1966) e Gloria Swanson (1898-1983). Gira tanti brevi film, che dal ’14 sono sempre più creazioni del tutto sue. Nel ’17 è famoso: Charlot “vende” fin dove arriva Hollywood. Del 1918 è Charlot soldato, del ’21 il primo lungometraggio, Il monello. Nel 1919 con altri tre grandi cineasti dà vita alla casa produttrice United Artists. Nel 1922 l’Fbi comincia a tenerlo d’occhio. Del ’25 è La febbre dell’oro, del ’28 Il circo, del ’31 Luci della città e del ’36 Tempi modernicon Paulette Goddard. Ama comporre i motivi di accompagnamento dei suoi film, ma continua a farli muti. Nel ’40 gira ancora con la Goddard Il grande dittatore, feroce parodia di Hitler e Mussolini. Nel ’47, su un’idea di Orson Welles (1915-’85) gira Monsieur Verdoux. Senza Charlot. è un tragicomico capolavoro. Del 1952, con un bellissimo sonoro, è l’agrodolce Luci della ribalta, in cui Chaplin impersona un vecchio comico accanto a uno sfortunato collega, Keaton. Sospetto di comunismo, torna in Europa. La regina Elisabetta lo fa baronetto. Si stabilisce in Svizzera con la giovane moglie Oona e i figli piccoli, gira un altro paio di film. Muore nel 1977.
COMICO POETICO
La comica finale proiettata al termine dello spettacolo dà vita a un genere di grande successo per Hollywood, il sobborgo di Los Angeles nato come città del cinema nel 1911. Max Linder (1883-1925), francese, i ragazzi di Sennett – Fatty, Chaplin, Keaton – Ridolini (Larry Semon), Stanlio (Stan Laurel, 1890-1965) in coppia con Ollio (Oliver Hardy, 1892-1957) ne sono fra gli interpreti più geniali. Ognuno ha una propria comicità: Fatty è il grassone cattivo (e perverso), Keaton bello e impassibile crea una comicità di situazione in movimento, Ollio e il grande Stanlio portano la comica in un complesso contesto di commedia. Chaplin pone il suo scalcagnato e affamato Charlot in situazioni in cui lui, che non ha niente, può dare qualcosa a chi è più sfortunato. Charlot ha dignità, sentimenti nobili, il candore dell’innocente e il coraggio della ribellione, la capacità di rubare per sopravvivere, una sobria amarezza che può aprirsi alla speranza. A parecchi critici è spiaciuto il patetismo di Chaplin, radicato nel sentimentalismo del teatro popolare e compiacente verso il pubblico. Ma è nel rapporto con il cagnolino (Vita da cani, 1918), con il monello, con la fioraia cieca, con i compagni di guerra e di trincea, che Charlot cuce la comicità con il sentimento e dalla commozione libera una risata fresca di poesia. È una risata densa della coscienza storica dell’abbandono, della miseria, del dolore, dell’ingiustizia sociale. Il cinema, l’arte popolare per eccellenza del XX secolo, è con Chaplin grande arte in assoluto.
Se volete approfondire la biografia di Charlie Chaplin potete farlo sfogliando le pagine del libro I miti del XX secolo nella biblioteca dell’Antica Frontiera.